Dopo aver analizzato tutta la squadra nei gustosi e minuziosi recap dei giorni scorsi, si vuole qui spendere qualche parola aggiuntiva, che vada al di là del mero commento tecnico, su due player che quest’anno hanno giocato una stagione superba, l’uno dimostrando ciò che ci si aspettava che dimostrasse e l’altro andando ben oltre le aspettative. Prima di chiudere definitivamente con l’analisi della Rams season ed archiviare i ricordi, con sommo piacere parleremo perciò, ancora per qualche minuto, rispettivamente di Chris Long e Danny Amendola.
Riguardo alle due colonne portanti di questa stagione (Bradford e Jackson) si sono già sprecati (a ragione) fiumi di inchiostro. E’ ora nostra intenzione onorare con un po’ di spazio su Ramsitalia due guerrieri che hanno dato un contributo fondamentale a rendere possibile lo sfiorare di un pelo un record (8-8) di fine stagione impensabile ad agosto 2010 ed i quali, soprattutto, hanno fatto ricredere gli analisti che pensavano che i bluoro, come squadra, non fosse più in grado di destare l’attenzione per il buon gioco. E c’è da dire che Danny e Chris hanno collezionato non pochi momenti memorabili in questo 2010.
Come già noto, ad inizio gennaio sono stati assegnati i premi annuali a 4 Rams (Jackson, Bradford, Fletcher ed Atogwe). Con questo articolo si vuole rendere giustizia a due giocatori che magari non sono stati riconosciuti degni del premio annuale ma che comunque meritano una menzione d’onore per la stagione giocata. Si vuole inoltre aggiungere qualche riflessione (magari più di colore che non prettamente analitica) a quanto già ampiamente detto nei rispettivi recap di reparto (DL e WR). Di Amendola e Long si è ampiamente scritto in precedenti articoli, proprio perché i due personaggi in questione hanno spiccato particolarmente in quanto a prestazione rispetto ai compagni di compagine.
Abbiamo intitolato “Opposti si attraggono” poiché i due, pur giocando in due ruoli decisamente opposti (fosse anche solo perché uno in attacco l’altro in difesa) hanno in comune una dote che si chiama fierezza. Detta qualità porta come conseguenza un coraggio da vendere ed una grinta che dovrebbe far scuola per molti altri colleghi NFL, veterani e magari anche più blasonati. Certo i due, poco più che rookie (Amendola con soli 2 anni di NFL Long con 3 stagioni alle spalle), hanno la sconsideratezza dei novelli, la qual cosa aiuta per le giocate coraggiose e fresche. Allo stesso tempo, entrambi non difettano di intelligenza o di umiltà e mostrano certi atteggiamenti tipici dei veterani…
Cominciamo con Amendola. Draftato nel 2009 dal practice squad di Philadelphia (ex undrafted free agent dei Cowboys) con una storia che tanto ricorda quella di Vince Papale che, come ha celebrato il film “Invincibile”, con tenacia e generosità in campo, ha consumato una breve (a causa delle già veneranda età al momento del debutto in NFL) ma intensa e soddisfacente carriera nelle file dello special team degli Eagles di un giovanissimo Vermeil di metà anni ‘70.
Danny ha iniziato il sogno NFL in sordina. Ha saputo sfruttare le occasioni e da “rimpiazzo eventuale” è diventato il WR della “sicurezza e garanzia” nel 2010. A testa bassa ha imparato quello che doveva imparare ed ha messo a servizio dei Rams le sue indiscutibili doti atletiche senza le quali non sarebbe, oltre che WR, anche il superbo ritornatore che è. Certo non è un Devin Hester nel suo ruolo di PR/KR, né è ancora ai livelli di Wes Welker come slot receiver (dei due, il ruolo a lui di certo più congeniale), forse anche per la differenza di anzianità ed esperienza. Ma poco ci manca. Ed a proposito dell’ultimo paragone, quello con l’attuaale #83 di New England, esso non è stato scelto a caso visto che questo raffronto è già comparso sulla bocca di vari analisti NFL. Si noti che quest’anno Danny ha acchiappato un solo passaggio in meno di Wes In vena di comparison, lasciando per un attimo da parte quello di tipo tecnico (il più che onorevole Wes=Danny) io preferisco accostare il nostro #16 a Jeremy Shockey, per una dote che vale più della velocità o delle mani anti-drop: il coraggio e la spensieratezza. Quando Danny, in TV, viene inquadrato in primo piano, gli si legge sempre in faccia la spavalderia positiva, ovvero la non paura del contatto, lo spirito di sacrificio e la luce negli occhi di uno che si diverte a fare quello che fa e lo fa bene. Quindi, chiudendo qua i paragoni, non si può che augurare a Danny (e ai Rams di sponda) tutta la fortuna ed il successo dei due personaggi precedentemente citati.
Il fatto che il “piccolo” Danny sia diventato la spina nel fianco di varie difese e che in molte partite abbia subito costanti raddoppi di marcatura, normalmente dedicati a Split End o Flanker, è già di per se motivo di orgoglio. Bradford, dopo aver perso Clayton e Avery, avrà di certo tirato un bel sospiro di sollievo dopo aver scoperto di avere un WR “di possesso” valido come Danny, posizione che qualche anno fa ricopriva un certo Ricky Prohel, un vecchietto che di passaggi importanti ne ha incestinati parecchi nella sua lunga e onorata carriera, che ha giocato 4 Super Bowl e ne ha vinti 2…
Per chiudere con i nostri elogi al giovane Danny, ricordiamo qui quale è stato la sua statistica più importante nel 2010, indebitamente poco evidenziata in precedenza, e per la quale possiamo farci belli quando andiamo al bar a dire “io tifo Rams perché…”: 2364 yd, all purpose single season (leader NFL 2010), 17° posto overall, di sole 6 yd dietro ad un certo Tomlison del 2003 e con sole 65yd in meno di Faulk del 1999…30 yd in più del più vicino predecessore Rams, ovvero un giovanissimo Jackson del 2006. Ok, magari il comparison con un RB in tale classifica può essere fuorviante. E se allora stringiamo il campo ai WR che hanno vinto suddetta classifica in anni recenti, ci tocca confrontare le yard del nostro Danny con quelle di alcuni nomi tipo Dante Hall (con numeri non troppo differenti), Michael Lewis e Derrick Mason (questi ultimi due, leader incontrastati di cotal classifica). Meditate gente, meditate.
Il messaggio che qui deve passare è che Jackson sarà anche il giocatore che si deve caricare la squadra sulle spalle, Bradford quello che deve far rinascere il nostro attacco. Ma alla fine dei conti Amendola è quello che nel 2010 ha lavorato più di tutti in tante occasioni e sotto vari punti di vista, definendosi come un bel punto di riferimento del nostro playbook.
Se lo stoico Amendola è stata la bella sorpresa, Long è stato la tanto attesa conferma di quanto si sospettava nel 2008 quando St.Louis lo draftava al primo round (second overall) credendo nelle sue doti di campione del futuro. Dopo un 2008 coi fiocchi (come lo è stato l’anno da rookie di Bradford, con le dovute proporzioni, ovviamente) in cui è stato starter in tutte le partite ed è stato il più importante elemento di pressione per i QB della squadra, il versatile ed atletico DE dell’University of Virginia si è guadagnato sul campo quello che il coaching staff gli riconosceva già di diritto ancora prima che giocasse la prima partita in NFL: la leadership della linea difensiva, o della difesa più in generale, in quel processo che doveva essere (ed è stato nel 2010) la rinascita di un reparto che di certo non ha brillato negli ultimi 3-4 anni. Long ha ricoperto sia la posizione di right che left DE, quest’ultima a lui più congeniale (si ricordi che in tal posizione giocava una vecchia gloria che faceva di nome Leonard Little) e quest’anno ha totalizzato solo un paio di sack in meno di un mostro sacro come il suo compagno James Hall che, se non fosse che è un veterano e certe prestazioni come quella registrata nel 2010 sono da lui dovute ed ormai classificabili ed attese come “normali” a causa della sua anzianità, meriterebbe tranquillamente di essere protagonista di questo articolo tanto quanto lo è Chris. Quello che più mi colpisce in Chris è l’apparente instancabilità. E’ stato chiamato tutto l’anno a spingere ad ogni play per cercare di abbracciare il QB avversario. E quando lo abbiamo visto rifiatare tutto sudato in attesa dello snap successivo, in tutte le partite, sempre grintoso ma raramente falloso, alzi la mano chi non si è esaltato per la grinta che emanava da tutti i pori questa macchina da guerra di una linea difensiva finalmente temibile per la pressione che ha saputo creare per tutto il 2010. Certo se non fosse stata per una tipica tattica difensiva aggressiva “alla Spagnuolo” magari Chris non si sarebbe messo così in luce. Ma 3 fumble forced e 8.5 sack non sono numeri ottenibili se manca la stoffa (e si hanno soli 25 anni)…
Insomma grinta da vendere, occhi spiritati e dedizione alla causa, consapevolezza, concentrazione, consistenza sono le doti che lo accostano all’altro rookie d’oro degli anni recenti: James Laurinaitis. E chi lo avrebbe detto che così presto avremmo avuto l’imbarazzo della scelta nel decidere a fine stagione qual è stato il miglior giocatore della difesa nel corso della regular season (e per un soffio non ci siam trovati a parlare di qualche DL che ha fatto la differenza in post-season)?