Inarrestabili: Bears travolti

Dopo la grande prestazione di due settimane fa contro i Colts, a St.Louis c’era un po’ di preoccupazione che la pausa arrivasse con un tempismo pessimo a spezzare il momento magico dei Rams, ma dopo un paio di minuti di gioco della sfida contro i Bears di ieri sera all’Ed Jones Dome questa preoccupazione era del tutto svanita.
Come se si trattasse di ricominciare da dove avevano lasciato a Indianapolis, i Rams piazzavano immediatamente un uno-due letale costringendo i Bears a rincorrere per tutta la partita, situazione in cui St.Louis si era trovata spesso ad inizio campionato.
I Rams hanno disputato la partita Quasi perfetta uscendo vincitori non solo come risultato finale con un 42-21 che non ammette repliche, ma in tutte le fasi della partita, in campo e sulla sideline, sovrastando gli avversari in attacco, in difesa, negli special team e nel playcalling, un particolare, quest’ultimo, davvero sorprendente, viste le magre figure rimediate nella prima parte della stagione.

Il “nuovo corso” dell’attacco in maglia bluoro ha nuovamente dato i propri frutti, con Zac Stacy e Benny Cunningham assoluti protagonisti di un rushing game divenuto ormai il punto focale dell’attacco dei Rams, permettendo a Clemens di fare il minimo indispensabile con il gioco aereo che, liberato dalla monodimensionalità delle chiamate, diventa ancora più efficace.
I Bears si trovavano in una situazione quasi analoga, con il quarterback di riserva a condurre l’attacco ed un gioco che, almeno in teoria, doveva pesare in gran parte sulle spalle di Matt Forte, ma la differenza di successo tra i due attacchi l’hanno fatta le difese. Quella di St.Louis, aggressiva come suo solito, ha chiuso ogni varco al gioco di corsa avversario, concedendo a Forte un paio di corse lunghe e nulla più, mettendo contemporaneamente una grossa pressione su McCown, il quale è stato risparmiato dal trattamento riservato a Luck solamente dalla grande prestazione della linea d’attacco, che ha limitato al massimo i contatti del front four difensivo con il proprio quarterback, e dei bloccatori aggiuntivi che hanno maneggiato con maestria i continui cornerback e safety blitz che Walton chiamava con frequenza asfissiante. Mc Cown sfruttava questa grossa pressione con degli scarichi veloci nelle flat, affidando alla grande capacità di guadagno dopo la ricezione di Bennet e Marshall, andando anche più sul profondo una volta che gli infortuni lasciavano i Rams con quattro defensive back abili ed arruolabili, di cui uno fuori posizione. I Bears riuscivano a muovere palla abbastanza agevolmente, ma quando si trattava di finalizzare, la difesa dei Rams usciva fuori a raddrizzare la situazione.
Per ben due volte i Bears venivano stoppati sulla goal line. La prima volta dovevano lasciare la palla sulle cinque yards dopo essersi giocati un quarto e goal sulla una yard con JoLonn Dunbar che placcava Bush quattro yard dietro la linea. Poi, nel quarto quarto, i Bears giocavano ben sei azioni sulla linea della una yard, e solo alla terza penalità difensiva, che trasformava un sack ai danni di McCown al terzo down in un altro primo e goal, Bush riusciva finalmente a perforare la linea difensiva avversaria per il touchdown che riavvicinava i Bears sul 21-27.
Proprio la reazione a questo touchdown, o meglio alla assurda penalità chiamata (roughing the passer su un giocatore ancora in possesso di palla…), definiva al meglio la partita disputata dai Rams ed il loro ritrovato carattere riassumibile con il termine “resilience”, per il quale la traduzione italiana “capacità di recupero” non rende al meglio il suo significato in questo particolare contesto.
I Rams marciavano spediti verso il touchdown del 35-21, ottenuto grazie ad un drive in cui Cunningham portava palla per sei delle sette azioni, compresa quella che determinava la sua prima segnatura in NFL, e sul drive immediatamente successivo Robert Quinn riusciva finalmente ad arrivare su McCown mettendo a segno il tredicesimo sack di stagione, causando anche un fumble che recuperava personalmente e riportava fino in touchdown piantando, di fatto, l’ultimo chiodo sulla bara dei Chicago Bears poco prima del time out dei due minuti.
La difesa dei Bears, invece, non riusciva ad essere altrettanto efficace, e la mancanza di un Urlacher o anche solo di un Briggs era chiara ed evidente ogni qualvolta Stacy o Cunningham guadagnavano yards oltre il secondo livello dei difensori con una facilità spesso disarmante o quel paio di volte in cui Jared Cook si liberava delle coperture dei linebacker per ricevere i passaggi di Clemens.
In ultimo, non si può dimenticare la nuova impresa del folletto Tavon Austin, che stavolta ha deliziato la propria tifoseria con un end around trasformato in reverse e, grazie ai blocchi di Kendricks e Pettis, in uno sprint in touchdown da 65 yards che ha aperto la partita. Austin sembra essersi davvero “sbloccato” come si usa dire in questi casi abusando di un luogo comune, liberando la propria velocità e rapidità di esecuzione per inventarsi delle azioni entusiasmanti come quella di ieri sera. E Schottenheimer sembra finalmente aver aperto quel famoso playbook di “giochi segreti” disegnati apposta per lui di cui tanto si era parlato ad inizio stagione.
La prossima settimana tocca ai Niners, saggiare la consistenza dei “nuovi” Rams, e dal Candlestick Park arriveranno probabilmente scintille per una sfida divisionale probabilmente più combattuta rispetto a quella giocata all’Ed Jones Dome a fine settembre.

 

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