Adrian Peterson aveva promesso di aprire la nuova stagione nella stessa maniera in cui l’aveva iniziata lo scorso anno: segnando un touchdown alla prima azione d’attacco dei Minnesota Vikings. La promessa non è stata mantenuta, ed anzi, il runner in maglia bianca e pantaloni viola è stato tutto sommato ben contenuto dalla difesa dei St.Louis Rams, perché tenerlo ben sotto le cento yard è da considerarsi un’impresa per qualsiasi difesa, ma i Vikings non hanno subito contraccolpi dalla mancata segnatura iniziale, tant’è che hanno letteralmente asfaltato i Rams 34-6.
Orfani del loro quarterback titolare, infortunatosi per la stagione nella terza partita di preseason, i Rams hanno giocato forse la peggiore partita dell’era Fisher, e molti hanno rivisto lo spettro delle partite del periodo Linehan/Spagnuolo quando, ad una buona difesa, faceva da contraltare un attacco la cui linea offensiva assolutamente insufficiente causava prestazioni al limite del ridicolo da chiunque avesse la sfortuna di giocare quarterback o running back.
La partita è stata tutto sommato equilibrata per quasi tutto il primo tempo. Shaun Hill iniziava tutto sommato bene per i Rams in sostituzione di Bradford, ma fin dall’inizio l’incapacità della linea di offrire un valido sostegno al gioco di corsa rendeva l’attacco della squadra molto prevedibile, rallentato nell’esecuzione dalle play action che, causa inefficacia del gioco di corsa, non avevano nessun effetto sulla difesa dei Vikings. Fisher aveva “sacrificato” l’esordio del rookie Robinson, seconda scelta assoluta al draft dello scorso maggio, affidandosi alla presunta maggiore esperienza del quintetto partente, ma la decisione gli ritornava indietro come un boomerang. I due tackle Long e Barksdale si disimpegnavano abbastanza bene in protezione, ma l’interno della linea formato dal centro Wells e dalle guardie Joseph e Saffold, non riusciva ad aprire un buco decente in nessuna maniera, rendendo ineffettivo Stacy prima e Cunningham poi.
La difesa dei Rams, tuttavia, riusciva a tenere in partita la squadra mettendo la museruola abbastanza agevolmente a Peterson e portando una buona pressione su Cassell, impedendogli di muovere troppo il pallone grazie anche alla buona copertura della secondaria, dove spiccava l’esordiente E.J. Gaines.
La sfida tra Rams e Vikings si trasformava, quindi, in una guerra di posizione, ed i Vikings dovevano accontentarsi di due miseri field goal. Sempre meglio dei Rams, comunque, che il loro field goal lo sbagliavano di pochissimio. Il primo tempo sembrava avviarsi al termine con Minnesota in vantaggio 6-0, grazie ai due calci di Walsh, quando Shaun Hill decideva di forzare un lancio su Cook sulla sideline. Sul pallone di avventava Robinson, che si coordinava in maniera perfetta per afferrare il pallone ed atterrare con entrambi i piedi in campo. Quattro azioni dopo Cassell trovava Jennings in fondo all’end zone per il 13-0.
Al rientro dagli spogliatoi, i Rams presentavano il secondo (terzo) QB alla guida dell’attacco. Austin Davis, in sostituzione di Hill che, dopo un inizio promettente, era sprofondato nel disastro della linea offensiva. Ufficialmente Hill veniva sostituito per un infortunio alla coscia subito nel primo tempo, ma la sensazione generale era che la sostituzione fosse un tentativo di Fisher per scuotere un po’ la squadra. Mai tentativo fu più infruttuoso. Non solo l’attacco non ingranava (anche se alla fine almeno due field goal li metteva a segno), ma anche la difesa collassava, vanificando tutto il buon lavoro fatto fino a quel momento. Il touchdown di Cordarelle Patterson era emblematico: schierato nel backfield, il ricevitore di Minnesota prendeva un pitch da Cassell e faceva uno slalom di 67 yard tra i difensori dei Rams, che inanellavano una serie monumentale di placcaggi sbagliati, consentendo a Patterson di segnare un touchdown di grande impatto, sia sul pubblico che sulla difesa avversaria.
A due minuti dalla fine del terzo quarto, la segnatura di Paterson era il chiodo nella bara dei Rams, i quali sparivano dal campo, per poi riapparire fugacemente nel finale quando, fronteggiando una generosa prevent, Austin Davis riusciva a completare qualche buon passaggio rendendo i suoi numeri meno amari, senza però riuscire a trovare l’end zone avversaria.
I Vikings aggiungevano ancora una ricezione di Rudolph in touchdown ed un ritorno di intercetto di ben 81 yard da parte di Smith, prima che Zuerlein chiudesse la partita con il suo secondo field goal che sanciva il risultato finale di 34-6 in favore dei Vikings.
La prestazione dei Rams è stata di quelle difficili da commentare. Possiamo salvare la difesa su Adrian Peterson, soprattutto nel primo tempo, e l’ottima partita di Brian Quick, che sembra finalmente essere riuscito a dimostrare che quanto intravisto nel suo anno da rookie non era un fuoco di paglia, ma al di là di questo, ben poco si è salvato.
Gaines, dopo un avvio promettente, è stato bersagliato continuamente dai lanci di Cassell, e senza un adeguato supporto da parte delle safety, ha finito per commettere qualche comprensibilissimo errore a rookie, risultando comunque uno dei migliori del reparto arretrato dei Rams.
In attacco, detto della pessima prestazione della linea, si sono avverate le nostre tristi premonizioni di qualche srttimana fa: senza Bradford, il playcalling di Schottenheimer è diventato conservativo all’ultima potenza, ed il grande numero di lanci corti chiamati dai due quarterback ne è la testimonianza. Addirittura, a fine partita, Davis ha dovuto lanciare una traiettoria corta per Tavon Austin, che si è nuovamente trovato imbrigliato in un albero di traiettorie che mortificano la sua esplosività. Basterebbe fare un raffronto tra le traiettorie corse da Patterson e quelle chiamate ad Austin, per vedere perché due giocatori scelti al primo giro del draft del 2012 hanno avuto un rendimento così differente, al di là delle abilità individuali.
Si tratta purtroppo di un déjà-vu, per i Rams, ma c’è da sperare che stavolta il coaching staff non impieghi quattro partite per aggiustare le cose che non vanno, come ad esempio l’enorme numero di penalità commesse, che hanno spesso mortificato i drive dei Rams e prolungato quelli dei Vikings.
I quali Vikings hanno ovviamente meritato la vittoria con una prestazione più che discreta, ma la sensazione è che non sempre affronteranno un avversario che li aiuterà in questa maniera esagerata. Minnesota ha faticato molto nel primo tempo, complici anche per i Vikings un gran numero di penalità commesse, ma dopo aver resettato tutto nell’intervallo, si sono ripresentati alla partenza del secondo tempo con un altro atteggiamento che gli ha permesso di segnare 28 punti e portare a casa la partita.
Prima vittoria in carriera per l’head coach Mike Zimmer, che ha sopportato a denti stretti il tradizionale bagno di Gatorade: “I told them I don’t want any more until I win the big one”, ha detto alla stampa a fine partita.
Orfani del loro quarterback titolare, infortunatosi per la stagione nella terza partita di preseason, i Rams hanno giocato forse la peggiore partita dell’era Fisher, e molti hanno rivisto lo spettro delle partite del periodo Linehan/Spagnuolo quando, ad una buona difesa, faceva da contraltare un attacco la cui linea offensiva assolutamente insufficiente causava prestazioni al limite del ridicolo da chiunque avesse la sfortuna di giocare quarterback o running back.
La partita è stata tutto sommato equilibrata per quasi tutto il primo tempo. Shaun Hill iniziava tutto sommato bene per i Rams in sostituzione di Bradford, ma fin dall’inizio l’incapacità della linea di offrire un valido sostegno al gioco di corsa rendeva l’attacco della squadra molto prevedibile, rallentato nell’esecuzione dalle play action che, causa inefficacia del gioco di corsa, non avevano nessun effetto sulla difesa dei Vikings. Fisher aveva “sacrificato” l’esordio del rookie Robinson, seconda scelta assoluta al draft dello scorso maggio, affidandosi alla presunta maggiore esperienza del quintetto partente, ma la decisione gli ritornava indietro come un boomerang. I due tackle Long e Barksdale si disimpegnavano abbastanza bene in protezione, ma l’interno della linea formato dal centro Wells e dalle guardie Joseph e Saffold, non riusciva ad aprire un buco decente in nessuna maniera, rendendo ineffettivo Stacy prima e Cunningham poi.
La difesa dei Rams, tuttavia, riusciva a tenere in partita la squadra mettendo la museruola abbastanza agevolmente a Peterson e portando una buona pressione su Cassell, impedendogli di muovere troppo il pallone grazie anche alla buona copertura della secondaria, dove spiccava l’esordiente E.J. Gaines.
La sfida tra Rams e Vikings si trasformava, quindi, in una guerra di posizione, ed i Vikings dovevano accontentarsi di due miseri field goal. Sempre meglio dei Rams, comunque, che il loro field goal lo sbagliavano di pochissimio. Il primo tempo sembrava avviarsi al termine con Minnesota in vantaggio 6-0, grazie ai due calci di Walsh, quando Shaun Hill decideva di forzare un lancio su Cook sulla sideline. Sul pallone di avventava Robinson, che si coordinava in maniera perfetta per afferrare il pallone ed atterrare con entrambi i piedi in campo. Quattro azioni dopo Cassell trovava Jennings in fondo all’end zone per il 13-0.
Al rientro dagli spogliatoi, i Rams presentavano il secondo (terzo) QB alla guida dell’attacco. Austin Davis, in sostituzione di Hill che, dopo un inizio promettente, era sprofondato nel disastro della linea offensiva. Ufficialmente Hill veniva sostituito per un infortunio alla coscia subito nel primo tempo, ma la sensazione generale era che la sostituzione fosse un tentativo di Fisher per scuotere un po’ la squadra. Mai tentativo fu più infruttuoso. Non solo l’attacco non ingranava (anche se alla fine almeno due field goal li metteva a segno), ma anche la difesa collassava, vanificando tutto il buon lavoro fatto fino a quel momento. Il touchdown di Cordarelle Patterson era emblematico: schierato nel backfield, il ricevitore di Minnesota prendeva un pitch da Cassell e faceva uno slalom di 67 yard tra i difensori dei Rams, che inanellavano una serie monumentale di placcaggi sbagliati, consentendo a Patterson di segnare un touchdown di grande impatto, sia sul pubblico che sulla difesa avversaria.
A due minuti dalla fine del terzo quarto, la segnatura di Paterson era il chiodo nella bara dei Rams, i quali sparivano dal campo, per poi riapparire fugacemente nel finale quando, fronteggiando una generosa prevent, Austin Davis riusciva a completare qualche buon passaggio rendendo i suoi numeri meno amari, senza però riuscire a trovare l’end zone avversaria.
I Vikings aggiungevano ancora una ricezione di Rudolph in touchdown ed un ritorno di intercetto di ben 81 yard da parte di Smith, prima che Zuerlein chiudesse la partita con il suo secondo field goal che sanciva il risultato finale di 34-6 in favore dei Vikings.
La prestazione dei Rams è stata di quelle difficili da commentare. Possiamo salvare la difesa su Adrian Peterson, soprattutto nel primo tempo, e l’ottima partita di Brian Quick, che sembra finalmente essere riuscito a dimostrare che quanto intravisto nel suo anno da rookie non era un fuoco di paglia, ma al di là di questo, ben poco si è salvato.
Gaines, dopo un avvio promettente, è stato bersagliato continuamente dai lanci di Cassell, e senza un adeguato supporto da parte delle safety, ha finito per commettere qualche comprensibilissimo errore a rookie, risultando comunque uno dei migliori del reparto arretrato dei Rams.
In attacco, detto della pessima prestazione della linea, si sono avverate le nostre tristi premonizioni di qualche srttimana fa: senza Bradford, il playcalling di Schottenheimer è diventato conservativo all’ultima potenza, ed il grande numero di lanci corti chiamati dai due quarterback ne è la testimonianza. Addirittura, a fine partita, Davis ha dovuto lanciare una traiettoria corta per Tavon Austin, che si è nuovamente trovato imbrigliato in un albero di traiettorie che mortificano la sua esplosività. Basterebbe fare un raffronto tra le traiettorie corse da Patterson e quelle chiamate ad Austin, per vedere perché due giocatori scelti al primo giro del draft del 2012 hanno avuto un rendimento così differente, al di là delle abilità individuali.
Si tratta purtroppo di un déjà-vu, per i Rams, ma c’è da sperare che stavolta il coaching staff non impieghi quattro partite per aggiustare le cose che non vanno, come ad esempio l’enorme numero di penalità commesse, che hanno spesso mortificato i drive dei Rams e prolungato quelli dei Vikings.
I quali Vikings hanno ovviamente meritato la vittoria con una prestazione più che discreta, ma la sensazione è che non sempre affronteranno un avversario che li aiuterà in questa maniera esagerata. Minnesota ha faticato molto nel primo tempo, complici anche per i Vikings un gran numero di penalità commesse, ma dopo aver resettato tutto nell’intervallo, si sono ripresentati alla partenza del secondo tempo con un altro atteggiamento che gli ha permesso di segnare 28 punti e portare a casa la partita.
Prima vittoria in carriera per l’head coach Mike Zimmer, che ha sopportato a denti stretti il tradizionale bagno di Gatorade: “I told them I don’t want any more until I win the big one”, ha detto alla stampa a fine partita.