L’ultima volta che i Rams lasciarono a zero due avversari consecutivi era il 1945. La Seconda Guerra Mondiale era appena finita, i Cardinals (assieme ai Bears lasciati a secco dai Rams) stavano ancora a Chicago ed i Rams giocavano ancora al municipal stadium di Cleveland. Quell’anno i Rams vinsero il campionato, per poi trasferirsi a Los Angeles l’anno successivo. Anche i Colts 1964 ed i Dolphins 1972, le ultime due squadre a lasciare a zero i propri avversari per due partite consecutive, raggiunsero la finale. Si può quindi dedurre che i St.Louis Rams si qualificheranno per il Super Bowl di Phoenix ed il prossimo anno giocheranno nuovamente nella città degli angeli, se la cabala ha un qualche fondo di verità.
Poiché, però, la cabala vale per quel che è, e cioè una simpatica maniera di preconizzare un avvenimento senza alcuna base tecnica né tantomeno scientifica, archiviamo le note precedenti nella sezione “buffonate” e passiamo oltre.
In realtà di buffonata ce ne sarebbe ancora una, da raccontare. Il buon Jeff Fisher ama prendersi gioco degli avversari non solo con i trick plays, attività nella quale ha un discreto successo, ma anche con atteggiamenti piuttosto discutibili. Ricordiamo con “affetto” quando, per vendicarsi della sconfitta nel Super Bowl XXXIV, con i suoi Titans giocava la partita con i Rams come se fosse una rivincita della finale persa, non disdegnando di premere sull’acceleratore anche a punteggio largamente acquisito ed accertandosi che l’avversario venisse adeguatamente punito sul campo. Fisher ha deciso di farsi un altro gruppetto di amici quando, al coin toss, ha mandato a metà campo come capitani Brockers, Stacy, Jenkins, Bailey, Robinson e Ogletree, cioè sei degli otto giocatori (Pead è in injured reserve, Watkins non è più a roster) che i Rams hanno acquisito grazie all’ormai celeberrima trade che permise ai Redskins di prendere Robert Griffin III, peraltro anch’egli in panchina dopo aver perso il posto da titolare in favore di Colt McCoy. Ci piace sempre soppesare e valutare questo tipo di azioni mettendoci nei panni di chi la subisce, cercando di capire se ne avremmo riso o ne saremmo stati infastiditi. Ebbene, ne saremmo stati infastiditi, ed anche parecchio, perchè non ne vediamo davvero la necessità, il valore ed il significato. E’ probabile, come ha detto Fisher in conferenza stampa, che i Redskins abbiano avuto altro di cui preoccuparsi che non di chi fossero i capitani al coin toss, visto come sono andate le cose nelle successive tre ore, ma resta comunque un gesto davvero poco elegante ad introduzione di un’altra partita perfetta da parte dei Rams.
Già, la partita. Abbiamo allungato il brodo con una lunga introduzione sul nulla cosmico perché della partita c’è davvero poco da dire, come già per quella della scorsa settimana. Se il punteggio non è stato simile al 52-0 inflitto ai Redskins, è solo perché l’attacco dei Rams ha stentato ad ingranare e la difesa dei Redskins ha opposto una resistenza maggiore rispetto a quella di Oakland, ma alla fine della giornata i Redskins sono stati superati in tutte le fasi di gioco eccetto una, il kicking game, nella quale, però, non hanno potuto mettere a confronto la propria prestazione, non avendo avuto modo anche solo di tentare un field goal.
Con Shaun Hill nuovamente in modalità “commetti pochi errori e non perdere la partita”, l’attacco dei Rams ha trovato qualche difficoltà in più a far partire Mason prima e Cunningham poi, ma l’asse Hill-Cook ha tenuto in piedi il reparto offensivo per tutto il primo tempo, mettendo a segno il touchdown che bastava ai Rams per condurre le danze 6-0. Nel frattempo la difesa aveva già iniziato a maltrattare McCoy mandandolo per le terre due volte con Laurinaitis e Baron ed intercettandolo una volta con McDonald, mentre uno stranamente impreciso Greg Zuerlein riusciva nell’impresa di sbagliare un extra point e due field goal (uno da 28 yards, praticamente un altro extra point).
I Redskins erano poca cosa. Stroncato il primo drive con un intercetto, nei sucessivi quattro possessi McCoy non riusciva a superare le proprie 30 yard, mandando la sua squadra al punt in tutte e quattro le occasioni.
In apertura di secondo tempo Zuerlein si sbloccava piazzando in mezzo ai pali la palla del 9-0, ed i Redskins cercavano disperatamente di restare attaccati ai Rams, ma la finta di punt non riusciva e si vedevano costretti a cedere la palla ancora intorno alle proprie trenta yard. Cook aumentava il vantaggio con un’altra ricezione in touchdown, e sulla trasformazione i Rams sorprendevano Washington con una finta di calcio culminata nel solito lancio di Hekker per Harkey che valeva due punti, ristabilendo un punteggio “classico” di 17-0. Questa ennesima finta dimostrava come Hekker meriti fino all’ultimo centesimo del contratto multimilionario firmato in settimana e che, con 18 milioni in sei anni, fa di lui il punter più pagato della NFL.
A chiudere l’incontro ci pensava Tavon Austin con un ritorno di punt dei suoi. Dopo esserci andato vicino nei ritorni pre4cedenti, il folletto da West Virginia riusciva finalmente a trovare il varco giusto per superare anche l’ultimo difensore ed involarsi in touchdown dopo un ritorno da 78 yard per il definitivo 24-0.
La difesa dei Rams atterrava McCoy altre quattro volte, e piazzava il settimo sigillo su Robert Griffin III che, nelle ultime fasi di partita, sostituiva l’infortunato quarterback titolare senza, però, fare molto di meglio.
Settimana corta per i Rams che già giovedì incroceranno i caschi con i Cardinals. Forse il terzo shut out consecutivo non arriverà, e sarebbe esagerare pretenderlo, ma questa squadra è letteralmente calda e, caratura differente degli avversario a parte, prontissima a fare lo sgambetto alla prima della classe della NFC West.
Per i Redskins si avvicina tristemente la fine della stagione con la consapevolezza che McCoy non è l’alternativa giusta a RGIII e, probabilmente, Gruden ha le partite contate e sarà tra i primi a fare le valigie la prossima stagione.
Poiché, però, la cabala vale per quel che è, e cioè una simpatica maniera di preconizzare un avvenimento senza alcuna base tecnica né tantomeno scientifica, archiviamo le note precedenti nella sezione “buffonate” e passiamo oltre.
In realtà di buffonata ce ne sarebbe ancora una, da raccontare. Il buon Jeff Fisher ama prendersi gioco degli avversari non solo con i trick plays, attività nella quale ha un discreto successo, ma anche con atteggiamenti piuttosto discutibili. Ricordiamo con “affetto” quando, per vendicarsi della sconfitta nel Super Bowl XXXIV, con i suoi Titans giocava la partita con i Rams come se fosse una rivincita della finale persa, non disdegnando di premere sull’acceleratore anche a punteggio largamente acquisito ed accertandosi che l’avversario venisse adeguatamente punito sul campo. Fisher ha deciso di farsi un altro gruppetto di amici quando, al coin toss, ha mandato a metà campo come capitani Brockers, Stacy, Jenkins, Bailey, Robinson e Ogletree, cioè sei degli otto giocatori (Pead è in injured reserve, Watkins non è più a roster) che i Rams hanno acquisito grazie all’ormai celeberrima trade che permise ai Redskins di prendere Robert Griffin III, peraltro anch’egli in panchina dopo aver perso il posto da titolare in favore di Colt McCoy. Ci piace sempre soppesare e valutare questo tipo di azioni mettendoci nei panni di chi la subisce, cercando di capire se ne avremmo riso o ne saremmo stati infastiditi. Ebbene, ne saremmo stati infastiditi, ed anche parecchio, perchè non ne vediamo davvero la necessità, il valore ed il significato. E’ probabile, come ha detto Fisher in conferenza stampa, che i Redskins abbiano avuto altro di cui preoccuparsi che non di chi fossero i capitani al coin toss, visto come sono andate le cose nelle successive tre ore, ma resta comunque un gesto davvero poco elegante ad introduzione di un’altra partita perfetta da parte dei Rams.
Già, la partita. Abbiamo allungato il brodo con una lunga introduzione sul nulla cosmico perché della partita c’è davvero poco da dire, come già per quella della scorsa settimana. Se il punteggio non è stato simile al 52-0 inflitto ai Redskins, è solo perché l’attacco dei Rams ha stentato ad ingranare e la difesa dei Redskins ha opposto una resistenza maggiore rispetto a quella di Oakland, ma alla fine della giornata i Redskins sono stati superati in tutte le fasi di gioco eccetto una, il kicking game, nella quale, però, non hanno potuto mettere a confronto la propria prestazione, non avendo avuto modo anche solo di tentare un field goal.
Con Shaun Hill nuovamente in modalità “commetti pochi errori e non perdere la partita”, l’attacco dei Rams ha trovato qualche difficoltà in più a far partire Mason prima e Cunningham poi, ma l’asse Hill-Cook ha tenuto in piedi il reparto offensivo per tutto il primo tempo, mettendo a segno il touchdown che bastava ai Rams per condurre le danze 6-0. Nel frattempo la difesa aveva già iniziato a maltrattare McCoy mandandolo per le terre due volte con Laurinaitis e Baron ed intercettandolo una volta con McDonald, mentre uno stranamente impreciso Greg Zuerlein riusciva nell’impresa di sbagliare un extra point e due field goal (uno da 28 yards, praticamente un altro extra point).
I Redskins erano poca cosa. Stroncato il primo drive con un intercetto, nei sucessivi quattro possessi McCoy non riusciva a superare le proprie 30 yard, mandando la sua squadra al punt in tutte e quattro le occasioni.
In apertura di secondo tempo Zuerlein si sbloccava piazzando in mezzo ai pali la palla del 9-0, ed i Redskins cercavano disperatamente di restare attaccati ai Rams, ma la finta di punt non riusciva e si vedevano costretti a cedere la palla ancora intorno alle proprie trenta yard. Cook aumentava il vantaggio con un’altra ricezione in touchdown, e sulla trasformazione i Rams sorprendevano Washington con una finta di calcio culminata nel solito lancio di Hekker per Harkey che valeva due punti, ristabilendo un punteggio “classico” di 17-0. Questa ennesima finta dimostrava come Hekker meriti fino all’ultimo centesimo del contratto multimilionario firmato in settimana e che, con 18 milioni in sei anni, fa di lui il punter più pagato della NFL.
A chiudere l’incontro ci pensava Tavon Austin con un ritorno di punt dei suoi. Dopo esserci andato vicino nei ritorni pre4cedenti, il folletto da West Virginia riusciva finalmente a trovare il varco giusto per superare anche l’ultimo difensore ed involarsi in touchdown dopo un ritorno da 78 yard per il definitivo 24-0.
La difesa dei Rams atterrava McCoy altre quattro volte, e piazzava il settimo sigillo su Robert Griffin III che, nelle ultime fasi di partita, sostituiva l’infortunato quarterback titolare senza, però, fare molto di meglio.
Settimana corta per i Rams che già giovedì incroceranno i caschi con i Cardinals. Forse il terzo shut out consecutivo non arriverà, e sarebbe esagerare pretenderlo, ma questa squadra è letteralmente calda e, caratura differente degli avversario a parte, prontissima a fare lo sgambetto alla prima della classe della NFC West.
Per i Redskins si avvicina tristemente la fine della stagione con la consapevolezza che McCoy non è l’alternativa giusta a RGIII e, probabilmente, Gruden ha le partite contate e sarà tra i primi a fare le valigie la prossima stagione.