Stagione finita (finalmente)

Cala il sipario sulla stagione del ritorno a Los Angeles per i Rams, ma soprattutto cala il sipario su una delle peggiori stagioni della storia della franchigia, se non per record e vittorie sicuramente per prestazioni e numeri in campo. A somministrare l’estrema unzione all’ariete defunto da oramai diverse settimane ci pensa Bruce Arians, che si prende la rivincita promessa a settembre, quando i Rams sconfissero i suoi Cardinals a Phoenix con McDonalds ad intercettare l’Hail Mary di Stanton dopo aver dominato in lungo ed in largo in attacco senza però riuscire a segnare più punti dei Rams.
Nel prepartita entrambi gli allenatori avevano spergiurato sulle intenzioni bellicose delle due squadre che, tutto sommato, non avevano nulla da chiedere all’ultima partita della stagione se non una prova di orgoglio da parte dei Rams e, come detto, la voglia di vendicare la sconfitta non molto meritata di week 4 per i Cardinals. A mantenere fede ai proclami, però, erano solo i Cardinals, giacché i Rams apparivano da subito in edizione “togliamoci questo fastidio e torniamo a casa il prima possibile”.
La cronaca della partita è presto fatta elencando le segnature nell’ordine con cui sono avvenute, perché non c’è mai stata competitività o pathos o qualsiasi tipo di emozione che vi fa stare attaccato al seggiolino (se siete allo stadio) o alla televisione (se siete a casa) anche se la partita prende un’unica direzione già fin dall’inizio.
Il doppio field goal di Catanzaro era seguito dal TD pass di Palmer su Ross per il 13-0 con cui si chiudeva il primo quarto di gioco.
I Rams rispondevano con due field goal di Zuerlein, ma era ancora Catanzaro a piazzare la palla tra i pali per il 19-6 con cui i Cardinals si ritrovavano a condurre all’intervallo.

Dopo una scazzottata generale nel tunnel degli spogliatoi tra i giocatori delle due squadre, i Rams lasciavano negli armadietti quel poco di voglia che ancora avevano di lottare e giocare, e si esponevano al massacro che i Cardinals operavano nel terzo e quarto periodo.
Arrivavano ancora due touchdown per quarto (Fells e Williams nel terzo periodo, Fitzgerald e Bethel su intercetto al subentrato Sean Mannion nel quarto periodo) che fermavano lo score sull’umiliante 44-6 che sigillava la stagione di Los Angeles.
Peggio della prestazione dell’attacco dei Rams riusciva a fare solamente la crew arbitrale, che riusciva a prodursi in una serie di interpretazioni del regolamento piuttosto bizzarre che andavano a sommarsi a delle chiamate (o non chiamate) che avrebbero reso Ray Charles abile all’arruolamento nell’aeronautica.
Poco importava, nell’economia del risultato, poiché i Rams non hanno mai dato l’impressione di dare particolarmente importanza al fatto che, sebbene fosse l’ultima partita di una stagione ormai andata male, ci sarebbero stati 40-50mila spettatori sugli spalti che magari avrebbero anche gradito vedere una partita con due squadre in campo, anziché l’allenamento di quelli con la maglia rossa ed il casco bianco.
Pur con tutti i problemi avuti durante l’anno, la linea offensiva che avrebbe dovuto garantire a Goff un paio di secondi per lanciare ed a Gurley un po’ di luce dove infilarsi per guadagnare terreno, ieri ha deciso spontaneamente di scendere in campo e fare mera presenza. Da posizione estremamente privilegiata hanno osservato da vicino Golden, Gunter, Jones e Chandler collezionare sette sack sul povero Jared Goff, che alla fine ha lasciato sconsolato il posto ad uno Sean Mannion che, a vedere dall’espressone, aveva tutto tranne che voglia di andare a prendersi ancora una decina di minuti di mazzate dietro cinque ectoplasmi viventi chiamati “linea d’attacco”.
Pochissimi gli spunti positivi: il touchdown di Tavon Austin annullato per una strana penalità chiamata a Goff, la finta di punt finalmente riuscita, il trick play di Cooper su Gurley che, sebbene giocato in maniera goffissima, rimane un’ottima idea che avrebbe portato quasi sicuramente alla segnatura, se solo Cooper non avesse lanciato un pallone che è stato in aria tre giorni, sette ore, otto minuti e trentasei secondi, consentendo a Miller di aggiustarsi per l’intercetto più facile della sua carriera.
Detto che per i Cardinals è stato persin più facile del previsto, bisogna dare atto alla squadra di Bruce Arians di non aver mai tolto il piede dall’acceleratore, nemmeno dopo l’infortunio di David Johnson che, tutto subito, sembrava davvero devastante, per come la gamba ed il ginocchio si erano girati sotto il corpo di Eugene Sims. Sembra, invece, che non sia null’altro che un’infrazione al menisco e, anche se pure per i Cardinals la stagione finisce qui e non ci sono ripercussioni a breve, se la notizia sarà confermata dai controlli medici di oggi non possiamo fare altro che tirare un sospiro di sollievo per il giocatore.
Per i Rams si apre ora una fase cruciale, quella della ricerca del coaching staff che sostituirà quello attualmente in carica e che determinerà, secondo le parole del Vicepresidente Kevin Demoff, anche il futuro del General Manager Les Snead.
In casa Cardinals si guarda già alla nuova stagione, invece. Bisognerà analizzare bene cosa ha trasformato una stagione potenzialmente buona in una delle anonime stagioni che caratterizzavano i Cardinals prima dell’avvento di Arians.

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