I Los Angeles Rams sono la prima squadra a vincere la propria division ed a qualificarsi ai playoff per questa stagione, e lo fanno con una vittoria a Detroit giocando una partita piuttosto spenta ed approfittando del fatto che i Lions non sono poi tutto questo granchè di squadra. Il secondo titolo divisionale consecutivo (roba che non succedeva dai tempi di Ray Malavasi, quindi 1978/79) è il primo obiettivo stagionale centrato, ed averlo raggiunto già alla tredicesima giornata rende tutti un po’ più tranquilli, soprattutto perché con la sconfitta dei Saints di giovedì scorso, i Rams sono nuovamente insediati al numero 1 della griglia playoff con la possibilità di giocarsi Divisional ed eventuale finale di Conference tra le mura amiche del Coliseum.
Dall’altra parte, però, il rischio è che la squadra si sieda, perdendo quella carica e quel furore agonistico che l’hanno caratterizzata nella prima parte di stagione. Probabilmente è quello che è avvenuto ieri sera a Detroit, dove Jared Goff ha disputato senza dubbio una partita opaca (ad essere generosi) ed in generale tutto l’attacco è sembrato lento e fuori sincrono, con diversi passaggi andati a vuoto ed il gioco di corsa che stentava a decollare. Todd Gurley ha finito con oltre cento yard su corsa, è vero, ma spesso e volentieri si è trovato in difficoltà, fermato dalla difesa avversaria come non gli accade molto spesso.
Il fatto di dover portare da solo tutto il peso del gioco di corsa non ha certo aiutato, anche se Gurley è abituato a farlo, ma a posteriori (quando tutti siamo ben capaci di indicare cosa si sarebbe dovuto fare) la scelta di lasciare inattivi sia John Kelly che Justin Davis si è rivelata non proprio azzeccata quando Malcolm Brown, che ogni tanto pensa ad alleviare il lavoro di Gurley togliendogli qualche portata, si è infortunato alla spalla per non rientrare più per tutta la partita.
I Lions sembravano aver preparato bene la partita in attacco, con Blount e Riddick a dividersi i palloni su terra e Stafford che cercava con insistenza (e successo) il tight end Toilolo, ben sapendo che la copertura dei tight end è da sempre una questione irrisolta nella difesa di Los Angeles. Però, a parte qualche bella palla per il tight end, Matthew Stafford imitava il suo dirimpettaio e disputava una partita che definire scialba è fare un complimento, sebbene sia un po’ in linea con le ultime prestazioni del quarterback di Detroit, entrato da qualche tempo in una spirale involutiva che fa venire più di qualche dubbio in chiave futura.
In difesa un po’ di attenzione in più avrebbe potuto girare la partita, per Detroit. Approfittando della serata no di Goff, i defensive back di Detroit hanno avuto diverse occasioni per mettere le mani sui palloni lanciati malamente dal numero sedici avversario, ma solo in un’occasione sono riusciti a ghermire l’ovale, droppandone almeno altri due, facili ed allettanti ma irrimediabilmente caduti a terra incompleti.
Per quanto riguarda la difesa dei Rams, invece, il ritorno di Aqib Talib si è sentita in maniera importante, ma la sua autonomia ancora ridotta non gli ha permesso di stare in campo tutti e quattro i quarti. Con Talib in campo, comunque, anche il tanto vituperato Marcus Peters ha tratto enormi benefici, tornando ad esprimersi ai livelli di inizio stagione, ma anche senza il numero 21, la difesa si è ben comportata, con Troy Hill scatenato a finire al partita con un inte4rcetto effettuato ed un altro mancato di un soffio.
Inutile sottolineare l’ennesima partita mostruosa da parte di Aaron Donald, che ha collezionato altri due sack in stagione, di cui uno con fumble provocato.
Archiviato un Gurley nuovamente a segno con una doppietta di touchdown, il secondo dei quali giunto in maniera piuttosto particolare, registriamo le ricezioni spettacolari di Robert Woods e la terza stagione da 1000 yard ricevute per Brandin Cooks con la terza squadra differente, una prima assoluta per la storia NFL.
La stagione di Detroit ha ben poco da dire, ancora, sebbene la matematica dia ancora qualche speranza per una wild card che però, a questo punto, avrebbe del miracoloso. Presumibilmente già la prossima settimana anche la wild card diventerà matematicamente irraggiungibile e si potrà iniziare (ammesso che già non lo si stia facendo) a pensare alla prossima stagione.
Per Los Angeles, invece, il problema è diametralmente opposto. La sfida di McVay è duplice, in questo momento. Da una parte c’è la necessità di tenere la vittoria di vantaggio sui Saints che potrebbe rivelarsi decisiva nel momento opportuno, e dall’altra c’è la necessità di tenere alta la concentrazione della squadra per evitare quei cali tipici di chi ha raggiunto un obiettivo e dà tutto il resto per scontato. In tutto questo, si deve andare ad incastrare la filosofia di McVay che già lo scorso anno fece riposare tutti i titolari all’ultima giornata per preservarli dagli infortuni. L’inizio di questa stagione ha portato questa filosofia un passo più in là, tenendo fuori dalle partite di preseason quasi tutti i titolari (e non si è vista differenza con le squadre che non l’hanno fatto, anzi…), per cui non ci stupiremmo di vedere un po’ di turnover in queste ultime quattro settimane, anche se i Saints ed i vari bonus dei contratti dei giocatori legati a determinate prestazioni, detteranno l’agenda all’head coach più innovativo (dentro e fuori dal campo) del momento.
Dall’altra parte, però, il rischio è che la squadra si sieda, perdendo quella carica e quel furore agonistico che l’hanno caratterizzata nella prima parte di stagione. Probabilmente è quello che è avvenuto ieri sera a Detroit, dove Jared Goff ha disputato senza dubbio una partita opaca (ad essere generosi) ed in generale tutto l’attacco è sembrato lento e fuori sincrono, con diversi passaggi andati a vuoto ed il gioco di corsa che stentava a decollare. Todd Gurley ha finito con oltre cento yard su corsa, è vero, ma spesso e volentieri si è trovato in difficoltà, fermato dalla difesa avversaria come non gli accade molto spesso.
Il fatto di dover portare da solo tutto il peso del gioco di corsa non ha certo aiutato, anche se Gurley è abituato a farlo, ma a posteriori (quando tutti siamo ben capaci di indicare cosa si sarebbe dovuto fare) la scelta di lasciare inattivi sia John Kelly che Justin Davis si è rivelata non proprio azzeccata quando Malcolm Brown, che ogni tanto pensa ad alleviare il lavoro di Gurley togliendogli qualche portata, si è infortunato alla spalla per non rientrare più per tutta la partita.
I Lions sembravano aver preparato bene la partita in attacco, con Blount e Riddick a dividersi i palloni su terra e Stafford che cercava con insistenza (e successo) il tight end Toilolo, ben sapendo che la copertura dei tight end è da sempre una questione irrisolta nella difesa di Los Angeles. Però, a parte qualche bella palla per il tight end, Matthew Stafford imitava il suo dirimpettaio e disputava una partita che definire scialba è fare un complimento, sebbene sia un po’ in linea con le ultime prestazioni del quarterback di Detroit, entrato da qualche tempo in una spirale involutiva che fa venire più di qualche dubbio in chiave futura.
In difesa un po’ di attenzione in più avrebbe potuto girare la partita, per Detroit. Approfittando della serata no di Goff, i defensive back di Detroit hanno avuto diverse occasioni per mettere le mani sui palloni lanciati malamente dal numero sedici avversario, ma solo in un’occasione sono riusciti a ghermire l’ovale, droppandone almeno altri due, facili ed allettanti ma irrimediabilmente caduti a terra incompleti.
Per quanto riguarda la difesa dei Rams, invece, il ritorno di Aqib Talib si è sentita in maniera importante, ma la sua autonomia ancora ridotta non gli ha permesso di stare in campo tutti e quattro i quarti. Con Talib in campo, comunque, anche il tanto vituperato Marcus Peters ha tratto enormi benefici, tornando ad esprimersi ai livelli di inizio stagione, ma anche senza il numero 21, la difesa si è ben comportata, con Troy Hill scatenato a finire al partita con un inte4rcetto effettuato ed un altro mancato di un soffio.
Inutile sottolineare l’ennesima partita mostruosa da parte di Aaron Donald, che ha collezionato altri due sack in stagione, di cui uno con fumble provocato.
Archiviato un Gurley nuovamente a segno con una doppietta di touchdown, il secondo dei quali giunto in maniera piuttosto particolare, registriamo le ricezioni spettacolari di Robert Woods e la terza stagione da 1000 yard ricevute per Brandin Cooks con la terza squadra differente, una prima assoluta per la storia NFL.
La stagione di Detroit ha ben poco da dire, ancora, sebbene la matematica dia ancora qualche speranza per una wild card che però, a questo punto, avrebbe del miracoloso. Presumibilmente già la prossima settimana anche la wild card diventerà matematicamente irraggiungibile e si potrà iniziare (ammesso che già non lo si stia facendo) a pensare alla prossima stagione.
Per Los Angeles, invece, il problema è diametralmente opposto. La sfida di McVay è duplice, in questo momento. Da una parte c’è la necessità di tenere la vittoria di vantaggio sui Saints che potrebbe rivelarsi decisiva nel momento opportuno, e dall’altra c’è la necessità di tenere alta la concentrazione della squadra per evitare quei cali tipici di chi ha raggiunto un obiettivo e dà tutto il resto per scontato. In tutto questo, si deve andare ad incastrare la filosofia di McVay che già lo scorso anno fece riposare tutti i titolari all’ultima giornata per preservarli dagli infortuni. L’inizio di questa stagione ha portato questa filosofia un passo più in là, tenendo fuori dalle partite di preseason quasi tutti i titolari (e non si è vista differenza con le squadre che non l’hanno fatto, anzi…), per cui non ci stupiremmo di vedere un po’ di turnover in queste ultime quattro settimane, anche se i Saints ed i vari bonus dei contratti dei giocatori legati a determinate prestazioni, detteranno l’agenda all’head coach più innovativo (dentro e fuori dal campo) del momento.