Mancano poco più di tre minuti quando finisci il drive che porta alla segnatura di Cam Akers ed il risultato sul 16-10 per i Raiders. La difesa fa il suo ottimo lavoro ed impedisce all’attacco avversario di conquistare un primo down. Il punt successivo ti piazza la palla sulle tue due yard, con un minuto e quarantacinque secondi da giocare e nessun time out. Sei arrivato a Los Angeles il giorno prima della partita ed hai dovuto imparare in fretta e furia una porzione di playbook sufficiente per permettere all’head coach di mandarti in campo, e fino a quel momento hai giocato discretamente bene. Una piccola flessione nel secondo e terzo quarto, ma poi hai ripreso in mano le redini dell’attacco ed hai cominciato a completare passaggi a destra e a manca. Hai tutta la pressione del mondo ma, allo stesso tempo, nessuna pressione, perchè nessuno si aspetta veramente che arrivi e salvi la baracca con un drive da 98 yard con meno di due minuti e nessun timeout. Del resto non accade da 45 anni, e dovresti riuscirci proprio tu in condizioni terribilmente difficili?
Tenere la mente sgombra, focalizzarsi sulla prima lettura, che tanto altro non puoi leggere, non ne hai il tempo, e vada come vada.
Sembra la trama di uno dei tanti film sfornati da Hollywood, un classico finale da film sportivo come ne abbiamo visti tanti, ed invece è la realtà, quella di Baker Mayfield, rilasciato dai Carolina Panthers martedì scorso, preso dai Los Angeles Rams mercoledì e buttato in campo dopo un infruttuoso drive condotto da John Wolford. Nelle sue mani ci sono le sorti si una partita che non conta ormai più nulla, in chiave playoff, per i Rams, ma conta moltissimo per mille altre ragioni.
Mayfield conduce un drive magistrale, con almeno due passaggi in finestre ridottissime che viaggiano in aria per almeno trenta yard. Un piccolo aiutino da parte di Robertson, la cui interferenza su Jefferson trasforma l’intercetto di Harmon in primo down per i Rams, e soprattutto di Tillery, che dopo un sack pensa bene di schiaffeggiare via la palla dalle mani di Mayfield, prendendosi un antisportivo da 15 yard.
Poi Mayfield pesca Skowronek, Atwell ed ancora Skowronek prima di fare uno spike e fermare il tempo sulle 23 offensive. È il gioco della partita: due tracce verticali a destra ed a sinistra, un lancio over the shoulder, Jefferson che allunga le mani, riceve la palla e cade in end zone per il TD del 16-16. Matt Gay calcia il punto del sorpasso e poi Taylor Rapp intercetta Derek Carr per suggellare la vittoria inaspettata, rocambolesca, romanzesca ma meritata.
Meritata non perchè i Rams abbiano giocato meglio dei Raiders (diciamo che non hanno giocato peggio), ma per la determinazione di una squadra che, seppure a pezzi, ha saputo trovare l’orgoglio di non mollare neanche in una situazione oggettivamente difficile da ribaltare.
I Raiders parevano essere in grado di portarsi a casa il risultato con il minimo sforzo. Dopo aver segnato 13 punti nei primi tre drive, però, si erano un po’ incartati su loro stessi, con un Jacobs a tratti pericoloso ed a tratti ben controllato dalla difesa dei Rams, ed un Davante Adams che, dopo aver vinto un paio di duelli con Ramsey, era un po’ scomparso dalla circolazione.
I Rams soffrivano le corse all’esterno dei Raiderrs, soprattutto le jet sweep e le reverse, non riuscendo a fare un contain decoroso soprattutto dalla parte di Hoecht, uccellato in almeno tre occasioni dalla sua “indisciplina” a mantenere l’esterno. Del resto Hoecht si trovava in una posizione non sua per l’assenza di Terrell Lewis, e quando veniva poi sostituito da Thomas, le cose andavano meglio e la difesa poteva tornare a concentrarsi sulle corse tra i tackle di Jacobs.
Aggiustate le corse, sistemata la secondaria schierando più man coverage e press coverage del solito (oh, ma allora forse non dicevamo cose a caso quando ci chiedevamo perchè così tanta soft zone!!!), i Rams riuscivano a controllare bene l’attacco ospite.
Mayfield, dopo un inizio scoppiettante, che fruttava un field goal ed uno sciaguratissimo fumble di Akers sulle 17 avversarie quando si stava palesando la possibilità di andare sul 13-10, trovava qualche difficoltà nell’intesa con i propri ricevitori, come era più che lecito aspettarsi.
McVay decideva, quindi, di semplificare le chiamate e dare al nuovo quarterback solo la prima e, in casi limite, la seconda lettura. Difatti a dei bei completi si alternavano corse in solitaria per mancanza di obiettivi a cui lanciare
In attacco i Rams schieravano la stessa linea della partita con Seattle, un fatto mai accaduto quest’ano, ma come la difesa pativa il gioco esterno, anche la linea pativa tantissimo la pressione di Crosby da una parte e Jones dall’altra, con Nsekhe e soprattutto Havenstein in grandissima difficoltà. Tutto sommato, però, la linea dava quel minimo di tempo a Mayfield per lanciare sulle prime letture, ed era già una gran cosa.
Disastro assoluto, per Las Vegas, il drive finale. A parte le due penalità già citate, le coperture sui ricevitori erano apparentemente buone ma, in realtà, male assortite e male congegnate. Senza ancora aver visto gli all-22, sembrerebbe una copertura a uomo sui due ricevitori esterni accoppiata ad una zona per la parte interna del campo. Una variante della solita, perdente, prevent che dovrebbe lasciarti libero il medio corto in mezzo, evitare i big play ed evitare che il ricevitore esca dal campo. Nessuna di queste tre cose è andata come previsto, per Las Vegas. Un paio di volte i ricevitori hanno corso una teraccia ad uscire e fermato il tempo, in un altro paio di occasioni hanno guadagnato le 30 yard che non avrebbero dovuto e, in tutto questo, il medio corto è rimasto deserto, se non fosse per quell’uno o due linebacker che lo presidiavano, lasciando la secondaria in degli uno contro uno pericolosi e letali.
I Raiders danno praticamente l’addio a qualsiasi residua speranza di playoff, soprattutto in una AFC così competitiva. Non sono ancora fuori matematicamente, ma il buon senso dice che ci vorrebbe un miracolo.
Lo stesso si può dire per Los Angeles, ancora in corsa dal punto di vista numerico ma ormai tagliata fuori. Questa vittoria, però, dà un po’ di significato alle prossime quattro partite, anche se si rischia solo di alimentare i rimpianti per una stagione che avrebbe potuto essere ben diversa.
Ultima nota a margine di questa bella serata: Mayfield è stato pressochè ignorato n panchina sia da Woolford che da Stafford, almeno fino a poco prima dell’ultimo drive vincente. Date le circostanze, ci saremmo aspettati di vedere sia il titolare in pectore che quello all’occorrenza, prodigarsi in aiuti, consigli e suggerimenti. Invece nulla di nulla.
Pare evidente che l’arrivo di Mayfield, per motivi diversi, non sia stato preso un granchè bene nel reparto quarterback dei Rams. Vedremo se è solo un’impressione errata di una serata oppure è qualcosa di più serio e concreto. Ora Mayfield avrà dieci giorni per prepararsi al prossimo Monday Night. Chissà che non riesca a tirare fuori un altro coniglio dal cilindro.