2010 Recap – Coaching

Come ultima puntata di questo riepilogo della stagione appena conclusa dei St.Louis Rams, analizzaimo il coaching staff. O meglio: analizziamo la componente "coaching" ed il suo impatto nella stagione 2010.
Il lavoro di Spagnuolo e dei suoi assistenti è stato complessivamente buono, per non dire ottimo. Passare in una stagione dal vincere una sola partita, a fatica, conro i Lions al collezionare più vittorie che tutti gli ultimi tre anni messi insieme è senza ombra di dubbio un risultato lusinghiero, che testimonia della bontà della scelta di Devaney due anni fa, quando volle fortemente l'ex Defensive Coordinator dei New York Giants come capo allenatore.
La mano di Spagnuolo si è sentita maggiormente in difesa, dove il compito del Defensive Coordinator Ken Flajole è stato quello di inculcare nei giocatori la filosofia di Spagnuolo, quella grazie alla quale i New York iants batterono gli apparentemente invincibili New England Patriots qualche anno fa: velocità, potenza e pressione, tanta pressione.

Il pacchetto di linea e linebackers è apparso letteralmente trasformato dallo scorso anno. Merito degli innesti di Robbins, Hall e Diggs, ma anche merito di uno schema aggressivo che ha messo sempre in grande difficoltà gli attacchi avversari. Le diverse facce mostrate dalla difesa quest'anno sono state difficili da gestire per quasi tutti. Solo Matt Ryan è sembrato non scomporsi più di tanto, trovandosi quasi a suo agio contro una difesa del genere. Ma altri campioni, Philip Rivers su tutti, ha fortemente patito l'impostazione aggressiva di St.Louis.
Qualche perplessità l'ha lasciata il lavoro svolto con i linebackers, ma siamo sicuri che i problemi verranno considerati ed analizzati durante questa offseason, e dal draft o dalla free agency (se ce ne sarà una) arriveranno delle risposte immediate.
Più complesso è il discorso per quanto riguarda l'attacco. In questo reparto Spagnuolo ha dato quasi carta bianca a Pat Shurmur che, coadiuvato da Dick Curl, ha avuto il compito di permettere a Sam Bradford di portare a termine la stagione senza traumi, proteggendolo ove possibile, non esponendolo al massacro come, ad esempio, sono soliti fare gli attacchi di Mike Martz (di cui Bulger ricorda ancora adsso una stagione a farsi massacrare dai blitz avversari).
Questo approccio conservativo, però, si è rivelato controproducente in molte partite. Con un po' di coraggio in piu', con un po' di fiducia in piu' nel proprio quarterback, con un po' di rischio in piu' nel far correre a dei ricevitori mediocri delle tracce più profonde, forse si sarebbero ottenuti altri risultati. Ci sono sconfitte che ancora gridano vendetta: Oakland, Tampa Bay e San Francisco su tutte, dove Shurmur e Spagnuolo hanno delle enormi responsabilità per aver adottato quella tattica "build a lead then sit on it" che ha permesso agli avversari di recuperare e vincere.
Non siamo ancora una squadra che si può permettere di controllare il tempo e la partita. Siamo una squadra che commette errori, e che proprio per questo deve capitalizzare al massimo finchè può. Una volta ottenuto il vantaggio, invece di limitarsi a far correre il tempo, bisogna cercare di segnare altro punti sul tabellone. Se le difese avversarie si focalizzano sul gioco corto e sulle corse di Jackson sfidandoti a colpirle sul profondo, ogni tanto bisogna accettare la sfida e provarci.
Con l'addio di Shurmur a fine stagione, ed il ritiro di Dick Curl, i Rams sono stati costretti a cambiare Offensive Coordinator, facendo cadere la loro scelta su Josh McDaniels (che probabilmente si porterà dietro il fratello come QB coach al posto di Curl), e proprio la scelta di uno dei più creativi geni offensivi dell'ultimo decennio fa ben sperare per la stagione 2011 Bradford avrà un anno di esperienza in più, e se, come probabile, dovrà buttare via il vecchio playbook ed impararne uno nuovo, crediamo sarà in grado di destreggiarsi al meglio. In fondo al di la' dei sistemi e degli allenatori, sono i grandi giocatori che fanno le grandi squadre, e Bradford è uno di quelli.
Al di là dell'aspetto tecnico, però, è importante soffermarsi su un altro importante concetto che Spagnuolo ha imposto a St.Louis. Stiamo parlando dell'ormai celebre "Four Pillars", il sistema di valori su cui si basa la squadra e la società. Spagnuolo crede fermamente che prima di essere buoni atleti bisogna essere dei buoni uomini, e le sue scelte in materia di personale sono sempre state dettate dall'aderenza ai suoi "quattro pilastri" morali, prima ancora che dalle qualità atletico-tecniche.
In quest'ottica devono vedersi il taglio di Richie Incognito ed Alex Barron, ed il mancato ingaggio di Randy Moss durante la stagione.
"Faith, character, core values e Team First" sono i quattro fondamenti del giocatore perfetto secondo Spagnuolo.
Questa filosofia si applica non solo ai giocatori, ma anche allo staff, ed intende cementare un gruppo unico fatto da chi scenda in campo, ma anche da chi sta in sideline o nel booth o semplicemente lava le maglie e pulisce le scarpe dei giocatori.
Spagnuolo ha ancora due anni di contratto, esattamente la durata di quello fatto firmare a McDaniels, e l'obiettivo di tornare ai playoff l'anno prossimo per poi diventare un Superbowl contender tra due stagioni.
Le premesse sono buone, il personale lascia ben sperare, il draft viene ora visto con speranza anzichè con terrore da media e tifosi: siamo ottimisti!!!

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