L’infortunio di Sam Bradford è stato, indubbiamente, lo spartiacque della stagione dei Rams nel bene e nel male. Paradossalmente, quando tutto sembrava perduto la squadra sciatta, indisciplinata ed inguardabile che avevamo visto nelle partite contro Dallas e San Francisco è magicamente scomparsa per far posto ad un team più unito, più disciplinato, più consapevole della propria forza, ed abbiamo visto finalmente ciò che ci aspettavamo sin dalla preseason, quando St.Louis era considerata una possibile outsider nella corsa ai playoff.
Fisher ha dato un’anima a questa squadra, come giustamente sottolinea il buon Giacomo nel suo articolo di mercoledì, ed il cambiamento nell’atteggiamento in campo e sulla sideline è chiaro come il sole, ma questa trasformazione ha delle radici tecnico tattiche altrettanto evidenti, causate solo in parte dagli aggiustamenti necessari alla sostituzione di Bradford con Clemens.
Gli aspetti fondamentali da analizzare sono tre: le penalità, la difesa e l’attacco.
E’ fuor di dubbio che da quando le penalità commesse sono drasticamente diminuite la situazione generale in cui si trova la squadra in campo è migliorata. E’ una banalità talmente ovvia che non necessiterebbe nemmeno di essere citata tra le cause del miglioramento, ma nelle prime giornate era davvero frustrante vedere, soprattutto negli special teams, tante buone prestazioni rovinate da penalità stupide ed evitabili. Senza scomodare le quasi duecento yards di ritorno di Tavon Austin annullate per penalità, basta guardare la posizione di campo da cui partivano i drive di St.Louis ad inizio anno con quella delle ultime partite per vedere il netto miglioramento, e non dobbiamo certamente insegnare a nessuno che a migliore posizione di campo corrisponde una più agevole gestione del drive e del playbook.
Per quanto riguarda la difesa molti passi da gigante sono stati fatti in fase di contrasto del gioco su terra avversario. Certo, ogni tanto si subisce ancora qualche corsa di troppo, ma che differenza da quando un DeMarco Murray qualsiasi correva per dieci yards prima di incontrare il primo ostacolo difensivo, guadagnandone altre dieci come second effort. Il rientro di JoLonn Dunbar in questo caso è stato determinante, ma la costante maturazione di Alec Ogletree, che sta pian piano modellandosi in un gran bel linebacker, non fa altro che aggiungere qualità alla seconda linea difensiva. Sul gioco aereo la quasi totale eliminazione del maledettissimo cuscino di dieci yards con cui i nostri defensive backs marcavano i ricevitori avversari ha portato due risultati immediati: la diminuzione dei completi e dello yardaggio dopo la ricezione. Soprattutto il secondo era stato un punto critico ad inizio anno. Lasciando troppo spazio alla ricezione, si permetteva anche ai ricevitori più agili ed atletici di mettere a sedere i nostri cornerback e guadagnare altre yards aggiuntive.
L’attacco ha subito apparentemente la trasformazione maggiore, sebbene sia nostra opinione che non ci siano stati dei cambiamenti così drastici a livello di schemi. Il nodo fondamentale è il gioco di corsa. Il gameplan non è cambiato per adattarlo alle caratteristiche di Clemens, o almeno non del tutto. Il gameplan è cambiato perché finalmente si è potuto contare su un gioco di corse credibile e produttivo.
L’esperimento Pead è miseramente fallito, ed anche Richardson non ha dato i frutti sperati, anche a causa di una linea d’attacco che nelle prime giornate non aveva certo brillato in fase di apertura dei buchi per i runningbacks. Jake Long ha iniziato malissimo, ma ora è diventato un punto fondamentale della linea offensiva, ed anche la sorpresa di Saffold nel ruolo di guardia ha contribuito a cementare l’unità offensiva.
Con queste premesse Zac Stacy e Benny Cunningham sono riusciti là dove Pead e Richardson avevano fallito, dando finalmente una dimensione credibile al gioco di corsa, il che ha provocato tutta una serie di reazioni a catena che hanno, nel complesso, permesso all’attacco dei Rams di esprimersi al meglio.
Dovendo dare credibilità al gioco su terra, le play action hanno iniziato a dare i loro frutti, costringendo i linebacker a pensarci un secondo prima di reagire automaticamente per un passaggio, dando così la possibilità ai vari Cook, Harkey e Kendricks di ritagliarsi uno spazio vitale in cui ricevere. Non a caso i tre succitati hanno iniziato ad agguantare palloni come previsto in sede di pronostico estivo.
Per quanto riguarda i ricevitori abbiamo registrato l’unico cambiamento tangibile nella modifica delle tracce percorse. Nelle prime settimane vedevamo i Tavon Austin o i Chris Givens raramente mandati in velocità o negli spazi aperti, e spesso li vedevamo impegnati in tracce che comprendevano un ritorno verso la linea di scrimmage o addirittura uno stop nell’esecuzione, e ci chiedevamo come mai si potesse sfruttare la loro velocità con quelle tracce quasi assurde. Contro Indianapolis abbiamo finalmente visto Schottenheimer chiamare delle tracce per far ricevere Austin in corsa, anziché fermarlo o fargli dare le spalle all’end zone, ed i risultati non si sono fatti attendere.
Ecco, abbiamo menzionato Schottenheimer. In tutto questo cambiamento tecnico/tattico e di atteggiamento, lui è l’unico che non abbiamo ancora inquadrato al 100%. Pur essendo migliorato tantissimo nel gameplan rispetto alle prime giornate, anche aiutato dal fatto che non dovendo sempre inseguire nel punteggio è più padrone di gestire il playbook a suo piacimento, restano i misteri di alcune chiamate cervellotiche, come quando manda in huddle quei lob leggeri appena oltre la linea per eseguire i quali il quarterback ha bisogno di un “tocco” di palla che Clemens chiaramente non ha.
Domenica prossima i Rams “nuovo corso” avranno un impegno importante e fondamentale per cercare di consolidare questa immagine di squadra che non ha mollato gli ormeggi per navigare a vista. L’avversario saranno i rivali di sempre di San Francisco, che si presenteranno non solo con il già rientrato Aldon Smith a mettere a dura prova la linea offensiva, ma anche con l’appena riattivato dopo l’infortunio Michael Crabtree, che rappresenterà un valido ed impegnativo banco di prova per il backfield difensivo decimato dagli infortuni.