C’è un verbo che sta purtroppo spopolando tra gli appassionati di sport americani italiani in queste ultime settimane: “tankare”. Con questo orrendo neologismo si indica la presunta volontà di una squadra di perdere appositamente per conquistare una posizione più favorevole al draft dell’anno successivo e poter scegliere un giocatore potenzialmente più forte.
C’è una squadra, tra le altre, per la quale questo neologismo non si può assolutamente usare: i St.Louis Rams. Con la stagione presumibilmente andata a donnine di facili costumi dopo l’infortunio del quarterback titolare, la franchigia di St.Louis ha dimostrato di non pensare assolutamente già al draft del prossimo aprile, mettendo a segno qualche colpaccio come quello di ieri sera, quando all’Ed Jones Dome sono caduti i New Orleans Saints.
Il 27-16 finale è persin troppo stretto rispetto al totale dominio dei Rams mostrato nei primi tre quarti, ma una volta andati in vantaggio di 24 punti i padroni di casa hanno chiaramente alzato il piede dall’acceleratore cercando di gestire la partita ed il cronometro con una sicurezza ed una solidità che solo domenica scorsa parevano impossibili.
I Rams sono una squadra del tutto particolare. Quando perdono il loro quarterback titolare, invece di collassare come abbiamo visto fare ad altre squadre, riescono a tirar fuori una reazione rabbiosa ed orgogliosa che li porta a dominare delle partite contro avversari sulla carta più forti. Dopo altre due prestazioni decisamente sotto tono, e dopo aver perso (solo per una partita, si spera) Tavon Austin, l’altro grande playmaker, ritornano alla grande maltrattando i Saints in casa come se fosse la cosa più semplice di questo mondo.
Dopo due partite consecutive con undici penalità commesse, i Rams si fermano a quattro, e sicuramente questo ha un impatto non indifferente nell’economia della partita (chiedere ai Saints che, sul finire del primo tempo, si vedono prima annullare per holding il touchdown del possibile 24-10 e successivamente bloccare il field goal), ma la vittoria dei Rams ha tante piccole concause che, messe tutte insieme, hanno portato ad un risultato davvero insperato.
Possiamo cominciare dal ritorno di Barksdale nella posizione di tackle di destra con conseguente spostamento di Saffold nella posizione di guardia. Con questa configurazione la linea offensiva ha nuovamente dato prova di grande solidità sia in fase di protezione dalla pass rush avversaria, sia in fase di apertura dei buchi per le corse di Zac Stacy che, non a caso, ha nuovamente superato le 100 yards su terra.
E quando il gioco di corsa dà i suoi frutti il principale beneficiario è proprio il passing game. Abbiamo parlato male di Kellen Clemens tante volte, ma quando bisogna dargli il credito dovuto non ci tiriamo indietro. Un quarterback che fa 14/20 per 158 yards, due touchdown ed un rating totale di 126.7 lo prenderemmo ad occhi chiusi per qualsiasi partita, ed il grande pregio di Clemens ieri è stato quello di non commettere errori e riuscire a muovere l’attacco con entrambe le fasi di gioco, mandando in tilt lo schema difensivo dei Saints.
Proseguiamo con i ricevitori, che finalmente hanno agguantato tutti i palloni che gli sono stati lanciati, con Austin Pettis nuovamente sugli scudi dopo qualche partita in ombra e la truppa dei tight end che si dimostra essere fondamentale per il tipo di gioco di Schottenheimer. Ed anche l’offensive coordinator, che abbiamo spesso messo alla berlina per i suoi schemi non sempre azzeccati, ha chiamato una partita praticamente perfetta in attacco.
In difesa, oltre al devastante ed inarrestabile Robert Quinn, che non solo dovrebbe essere scelto d’ufficio per il Pro Bowl ma a nostro parere è in corsa per il titolo di difensore dell’anno, la grand sorpresa è arrivata dal reparto più debole e dal quale si temevano crolli verticali: la secondaria difensiva.
Un intercetto al primo gioco offensivo, più un altro nella propria end zone (proprio mentre la Fox mostrava la sovrimpressione che ricordava come Brees avesse lanciato 166 passaggi consecutivi in red zone senza intercetti, quando si dice “gufare”…), hanno subito messo la museruola al temutissimo gioco aereo di Drew Brees, che si è dovuto arrabattare a distribuire la palla ai runningback con dei continui screen pass, sia per contrastare la grande pressione portata dalla linea di difesa, sia perché i ricevitori erano spesso e volentieri marcati strettissimi. E questa serie continua di screen, arrivata prevalentemente nel quarto quarto, è stato l’unico modo per i Saints di muovere finalmente il pallone, dopo essere stati rallentati per tutti i primi tre quarti. Alla fine le statistiche dicono che i Saints hanno guadagnato 432 yards di total offense, che oggettivamente non sono poche, ma la maggior parte di esse sono arrivate nell’ultimo quarto, quando i Saints hanno giocato ben 38 azioni di attacco contro le 45 del resto della partita.
Sicuramente un effetto positivo sulla difesa dei Rams l’ha avuto il cambio di timoniere. Se qualcuno non l’avesse notato, contro i Saints era direttamente Fisher a fare le chiamate difensive, e ciò fa pensare che il tempo di Tim Walton a St.Louis stia volgendo al termine.
L’ultima tessera di questo mosaico è costituito dagli special team: un onside kick a sorpresa recuperato, due field goal bloccati (o comunque deflettati), e soprattutto una copertura eccellente su punt e kickoff che ha spesso costretto i Saints a partire da posizioni sfavorevoli di campo.
La sconfitta in casa Saints apre scenari non proprio confortevoli. Se i playoff non sembrano essere a rischio, lo è molto di più la vittoria della division, che ora vede appaiati al primo posto i Saints ed i Panthers, e soprattutto la possibilità di evitare un turno supplementare mantenendo il secondo miglior record di conference dietro agli inarrivabili Seahawks.
Per i Rams, invece, c’è solo l’orgoglio, e la possibilità di non finire con una stagione perdente vincendo le prossime due partite. Facile? Sicuramente no. Possibile? Con questi Rams nulla è scontato.