Dopo l’esaltante vittoria contro i Seahawks e l’onorevole sconfitta contro i 49ers, i Los Angeles Rams viaggiano in Ohio e fuori dalla NFC West e tornano con i piedi per terra, perdendo 19-16 una partita vincibilissima, costellata di errori ed occasioni sciupate che, se da un lato lasciano sperare che si sia trattato di una di quelle serate in cui tutto quello che può andare storto va storto, dall’altro lascia il sospetto che, dopo aver superato i propri limiti nelle prime due settimane, ora si sia passati alla cassa per il conto.
Le cose sembravano subito indirizzarsi bene con un bel touchdown su un end around di Tutu Atwell, cosa che lo scorso anno finiva regolarmente con un tackle for loss di almeno cinque yard. Nel rivedere la segnatura, però, la crew arbitrale riteneva (a nostro avviso un po’ forzatamente) che ci fosse l’evidenza necessaria di un tocco della linea laterale con il tallone. Dalle immagini il tallone appariva sollevato e no a contatto con il terreno, e la nuvoletta che si alzava al di sotto del tallone appariva causata dall’avampiede e non dal tallone. Tant’è, per il referee era una situazione sufficiente per cambiare la chiamata. I Rams sprecavano i successivi tre tentativi iniziando una serie di errori ed orrori in red zone che, alla fine, costeranno la partita, e si dovevano accontentare di tre punti.
tessa situazione nel drive successivo, con Stafford che avanzava bene per il campo fino alle 20 yard, dove sembrava perdere lucidità, ed assieme a lui perdeva lucidità anche McVay, che si ostinava a lanciare anzichè provare a correre, ogni tanto. Altro viaggio in red zone ed altri tre punti.
La difesa dei Bengals metteva in seria difficoltà i Rams solo nelle ultime venti yard, ma era abbastanza per impedirgli si scappare nel punteggio.
Intanto, gli episodi giravano tutti a sfavore. Un lancio di Burrow deflettato finiva nell’unico posto dove non c’erano maglie blu, così come un fumble. Al contrario, un lancio di Stafford deflettato in linea finiva dritto nelle mani di un avversario che, ovviamente, intercettava il pallone. Arrivava poi un secondo intercetto che, al replay, sembrava abbastanza chiaramente da annullare perchè Logan non tratteneva il pallone aiutandosi con il terreno, ma stavolta gli arbitri optavano per la versione “non c’è evidenza certa” ed assegnavano lo stesso l’intercetto ai Bengals che, peraltro, sprecavano poi l’occasione con u three and out.
Nel secondo tempo i Rams sparivano lentamente dal campo per lasciare il posto al presunto infortunato Burrow, che pareva abbastanza in forma da non necessitare di una decisione dell’ultimo minuto sull’opportunità di schierarlo o meno. Evidentemente Zac Taykor ha imparato decisamente bene da McVay l’arte di raccontare fregnacce sulla salute dei propri giocatori.
Dopo aver studiato l’assurda difesa di Raheem Morris, Burrow metteva a segno un serie di completi nella zona intermedia del campo dove qualsiasi bipede in maglia e casco bianchi era lasciato libero di pascolare e ricevere indisturbato, e e volte che il drive si fermava era solamente per i drop di Higghins o per le panlità della inea d’attacco. Ovviamente Morris si guardava bene dal fare qualsiasi tipo di aggiustamento, regalando lanci facili e veloci ai Bengals, che sfruttavano appieno le opportunità, contribuendo anche al processo di beatificazione di Burrow, esaltato dal pessimo commento della ESPN in cui Joe Burrow, che di secondo nome deve probabilmente fare Enrico Toti, buttava il cuore (e la stampella) oltre l’ostacolo “costretto a lanciare nel corto perchè poco mobile” (per poi saltare e scappare come un grillo quando la linea collassava, ma sono sottigliezze).
Arrivava , così il touchdown di Mixon, che dava lo strappo decisivo, ed i Rams arrivavano con il touchdown pass di Atwell a pochi minuti dalla fine giusto per accorciare le distanze e rendere apparentemente meno amara la sconfitta e, soprattutto, per darci la soddisfazione di vedere eseguito uno dei più brutti onside kick della storia del football.
Quando si costruisce una sconfitta con le proprie mani non è mai facile fare una analisi sensata di cosa ha funzionato e cosa no. Si salva sicuramente la linea di difesa, che ha messo pressione ed in cui Aaron Donald ha ancora dettato legge in diverse occasioni, deliziandoci anche di un sack fatto nonostante il raddoppio ed il doppio holding subito.
Il resto della difesa, però, ha avuto una serata pessima, soprattutto perchè Morris, come si diceva in apertura, si è ostinato a giocare una soft zone che lasciava un buco di dieci per dieci yard nel bel mezzo del campo dove un volpone come Chase si buttava a capofitto e riceveva in faccia ai defensive back che, stando a dieci yard, non avevano modo di intervenire tempestivamente.
In attacco, uno Stafford molto impreciso, soprattutto in red zone, scontava una protezione della linea che, dopo le belle prestazioni delle prime due settimane, tornava ai livelli di previsione, cioè una sorta di colabrodo, con Jackson in evidente difficoltà con il proprio avversario diretto e Noteboom che andava e tornava alla panchina per i problemi alla spalla rimediati la scorsa settimana.
Giornata in sordina per Puka Nacua, osservato speciale ma comunque autore di grandissime giocate. Non essendo più una sorpresa, ora le difese lo curano maggiormente provocandogli, ovviamente, più problemi nel farsi trovare libero. La secondaria dei Bengals, comunque, ha fatto un partitone, lasciando davvero poche opzioni a Stafford, il quale era già sotto pressione per la pessima prestazione della linea d’attacco.
Gara, quindi, da dimenticare in fretta per rimettersi immediatamente in pista. Domenica prossima si viaggia ad Indianapolis, e la partita è tutt’altro che scontata, ma per portarla a casa bisognerà tornare ai livelli delle prime due giornate sia in campo che in sideline, perchè anche il playcalling offensivo ha lasciato alquanto a desiderare.