Dopo due mesi e mezzo di silenzio, torniamo a popolare queste pagine con qualche considerazione su nostri amati Arieti di St.Louis. Il perchè di questo prolungato silenzio è solo in parte dovuto alla cronica mancanza di tempo per aggiornare come vorremmo questo sito. E’ però anche il periodo di offseason che preferiamo di meno, dove si parla e si discute di improbabili mock draft e notizie di “fantamercato” che riteniamo francamente di interesse tendente o pari allo zero.
Con l’avvio della free agency, invece, finalmente si può parlare di cose concrete e non solo di scenari probabili, possibili o auspicabili, che lasciano solitamente il tempo che trovano.
La notizia più importante arrivata a Rams Park è sicuramente quella dell’addio di Steven Jackson. Come si temeva, Jackson ha esercitato l’opzione di annullare il suo ultimo anno di contratto, quasi sicuramente per poter rinegoziare un accordo che gli permettesse di terminare la carriera a St.Louis pesando il meno possibile sul cap già striminzito dei Rams. Per fare ciò, però, la base di partenza era che il suo ruolo all’interno della squadra fosse quello di runningback titolare, non di membro di un running-by-committee che comprendesse anche i due giovani Pead e Richardson. Se vogliamo in questa celta c’è tutto lo Steven Jackson che abbiamo conosciuto in questi anni, colui, cioè, che vuole sempre la palla per sè nei momenti importanti, colui che scalpitava alle spalle di Marshall Faulk per giocare di più, colui che è rimasto per anni il pilastro centrale dei Rams, la loro identità ed il loro punto di riferimento. Jeff Fisher non era di questa idea, preferendo lanciare Pead e Richardson, ed a fronte di un ruolo ridotto, Jackson ha giustamente scelto di terminare la propria carriera altrove, in una squadra che gli possa regalare quella possibilità di arrivare al gran ballo che a St.Louis non ha praticamente mai avuto.
Il backfield offensivo di St.Louis perde un pezzo pregiato, ma sinceramente non pensiamo che il contraccolpo sarà così devastante come molti preconizzano. Jackson è indubbiamente un runningback che ha ancora al suo arco molte frecce, ma il suo corpo ha preso migliaia di colpi, l’esplosività è diminuita, e pur non rendendolo un rottame da scartare, tutto ciò deve essere tenuto in considerazione nella scelta tra affidare a lui l’80-85% del carico sulle corse ed il far crescere i due giovani, con tutti i rischi che comportano entrambe le soluzioni. Fisher e Snead stanno compiendo un’opera di rinnovamento, e la scelta dei runningback sposa perfettamente questa filosofia.
Altre due partenze “dolorose” sono state quelle di Danny Amendola, andato a New England a sostituire Wes Welker, e di Brandon Gibson, accasatosi a Miami. Amendola e Gibson sono stati i due ricevitori di punta dei Rams nelle stagioni 2010/2012, ognuno con i suoi piccoli problemi. Amendola ha saltato parecchie partite (e l’intera stagione 2011) per una serie di infortuni che hanno sollevato più di un legittimo dubbio sulla sua capacità di restare “sano” per una stagione intera. Gibson ha invece alternato prestazioni spettacolari a partite in cui, sebbene starter, ci si chiedeva se fosse regolarmente in campo, perchè non riusciva a liberarsi della copertura avversaria nemmeno quando questa era costituita da una sedia inchiodata al terreno di gioco. La discontinuità e la propensione all’infortunio della coppia Amendola/Gibson ha convinto Fisher a dare più fiducia all’altra coppia di rookie 2012: Brian Quick e Chris Givens, che lo scorso anno hanno dimostrato di essere abbastanza pronti per essere impiegati con più continuità (più Givens di Quick, a dire il vero).
Per rinforzare il parco ricevitori Fisher aveva inizialmente messo sotto contratto il talentuoso ma problematico ricevitore di Detroit Titus Young, ma sono bastati dieci giorni per convincersi che fosse meglio prendere altre strade, e Young è stato immediatamente tagliato. Qualche giorno dopo è arrivata la firma di Jared Cook, tight end proveniente dai Tennessee Titans dove non è mai riuscito a mantenere le aspettative che tutti avevano quando venne scelto da South Carolina. Vista l’ottima (finalmente!) stagione disputata da Lance Kendricks, e vista l’abilità di Cook di giocare anche nello slot, difficilmente si tratta di una sostituzione nel ruolo di tight end, quanto di un’aggiunta al parco ricevitori vero e proprio. Attendiamoci molto di più, quest’anno, dal massiccio utilizzo che Schottenheimer fa dei pacchetti con il doppio tight end.
L’ultimo arrivo in ordine di tempo è quello dell’offensive tackle Jake Long dai Dolphins. Dopo un estenuante tira e molla che ha ricordato quello di Fisher lo scorso anno, anch’egli conteso tra Rams e Dolphins, Long ha scelto di cambiare aria ed accasarsi a St.Louis, facendo finalmente fare alla linea dei Rams quel salto di qualità di cui aveva bisogno da qualche anno. Saffold verrà spostato a destra, un po’ malvolentieri, a sentire il suo agente (dobbiamo ancora sentire cosa ne pensi effettivamente lui…), rendendo la linea offensiva molto più sicura e stabuile dello scorso anno, sempre sperando che i test medici che hanno etichettato come “superati” i problemi fisici di Long siano veritieri ed affidabili.
In linea di massima, quindi, una free agency ragionata, quella che Snead e Fisher hanno condotto fino ad ora, badando più alla sostanza che alla firma del nome tanto per mettere sotto contratto qualcuno. Restano, ovviamente, alcuni buchi da coprire, come quello, enorme, aperto dal rilascio di Quentin Mikell che, unito al mancato rinnovo di Craig Dahl, ha lasciato entrambe le posizioni di safety un po’ scoperte (va bene Trumaine Johnson, ma bisogna mettergli a fianco qualcuno di affidabile…).
E, a proposito di Craig Dahl, il suo accordo pluriennale con i rivali divisionali di San Francisco resta uno dei più grossi misteri di questi primi giorni di free agency. L’impegno del ragazzo è fuori discussione, ma le volte che lo abbiamo visto placcare il nulla o farsi superare da un ricevitore lo sappiamo solo noi tifosi di St.Louis. Che dire? Speriamo che parta titolare, almeno nelle due partite contro di noi!!!