I Rams interrompono la striscia di cinque sconfitte consecutive, la peggiore dell’era Fisher, e tornano alla vittoria battendo 21-14 i Detroit Lions tra le mura amiche, per quanto si possa considerare amico uno stadio che nel “Fan Appreciation Day” fa registrare il minimo storico delle presenza, risultando vuoto per più di metà dei posti disponibili.
Tornava Case Keenum al comando dell’attacco dopo essersi ripreso dal trauma cranico subito due settimane fa, ma nella porta girevole installata all’ingresso dell’affollatissima infermeria di St.Louis il suo passaggio uscita veniva abbinato a quello in entrata del cornerback Janoris Jenkins, vittima dello stesso infortunio domenica scorsa, e con un Calvin Johnson da tenere a bada era un problema non da poco. Fortunatamente, però, i Rams recuperavano anche Trumaine Johnson, e mai ritorno in campo avrebbe potuto essere così positivo.
Il nuovo offensive coordinator Rob Boras aveva come compito principale quello di far ripartire il motore apparentemente imballato di Todd Gurley, e se pensiamo al primo tempo in cui il rookie riusciva ad accumulare solamente sette portate per misere tredici yard possiamo certamente dire che nulla pareva essere cambiato rispetto alla gestione Cignetti. Nel secondo tempo, però, avveniva uno di quei “miracoli” che sovente si vedono sulle sideline avversarie: un aggiustamento di metà tempo. Al ritorno in campo per la seconda frazione di gioco, infatti, gli schemi di corsa dei Rams avevano subito delle piccole variazioni per sfruttare al meglio i punti deboli della difesa dei Lions e, a differenza del suo predecessore che non cambiava una virgola nemmeno di fronte all’evidenza più acclarata, Boras riusciva a modificare di quel tanto che bastava l’assetto del gioco per liberare Gurley e fargli guadagnare 127 yard in 9 portate, due delle quali per le segnature (entrambe spettacolari ed in tuffo) che avrebbero definito il risultato finale dell’incontro.
Il primo tempo della partita era comunque di una noia mortale. Da una parte i Rams che, pur con Keenum al comando e pur con qualche lampo di genio in più, non riuscivano a muovere palla oltre la metà campo avversaria, imitati in tutto e per tutto dai Lions per i quali Stafford non riusciva a trovare l’intesa giusta con i propri ricevitori e lo spauracchio Calvin Johnson veniva completamente annullato da un Trumaine Johnson mai visto.
In una delle sue migliori azioni della stagione, era proprio Trumaine Johnson a materializzarsi di fronte a Calvin Johnson pissicando un pallone lanciato da Matthew Stafford e ritornandolo per 58 yard in touchdown dopo un paio di apprezzabili slalom ed uno stop and go dietro i propri blocchi davvero eccezionale.
Il 7-0 arrivava a metà del secondo quarto, e spezzava l’equilibrio di una partita fin lì inguardabile. Stafford rompeva gli indugi e cercava di reagire immediatamente alla segnatura colpendo sul profondo una secondaria decimata, tattica che sinceramente ci saremmo aspettati sin da subito e che invece, per motivi a noi ignoti, veniva usata poco e male anche nel prosieguo dell’incontro.
Dopo un paio di passaggi su Theo Riddick ed Eric Ebron, ed una buona coprsa laterale dello stesso Riddick, Stafford trovava Golden Tate sul profondo, piazzando la palla sulle 8 yard offensive, ma una pessima chiamata della crew arbitrale riportava indietro di 15 yard i Lions. Il replay mostrava chiaramente che Riddick non commetteva alcun fallo “chop block”, non essendo il giocatore da lui bloccato basso ingaggiato in alcun modo da altri, ma non essendo un tipo di chiamata soggetta a challenge, Caldwell doveva mandar giù la decisione a forza e giocarsi un primo e venticinque dalle proprie 41 anziché un primo e goal dalle 8 yard.
I Rams festeggiavano lo scampato pericolo con un sack di Brockers, fermando così il drive dei Lions.
Al termine del primo tempo arrivava anche l’intercetto di Darius Slay, ma il saldo dei turnover restava negativo perché non solo Slay non riusciva ad emulare quanto aveva fatto Trumaine Johnson in precedenza, ma il suo intercetto arrivava con soli 13 secondi sul cronometro, e dopo aver rischiato il disastro al primo down, Stafford decideva che forse era meglio inginocchiarsi e ripartire dal secondo tempo.
I Lions del secondo tempo sembravano essere esattamente uguali a quelli del primo, ma dopo un primo drive senza esito per entrambe le squadre, Stafford decideva di andare nuovamente con Golden Tate.
Il ricevitore dei Lions era protagonista con un end around da 15 yard e tre ricezioni, l’ultima delle quali in end zone per il momentaneo pareggio.
Era il momento di Gurley. Il primo pallone del secondo tempo era buono per una corsa da 49 yard, il secondo per una corsa da 6 ed il terzo per il touchdown del 14-7, segnato in tuffo verso il piloncino di sinistra.
Ringalluzziti dall’esplosione improvvisa di Gurley, i Rams premevano sull’acceleratore costringendo i Lions al punt. Tavon Austin, già autore di un paio di belle corse in precedenza, tirava fuori dal cilindro un ritorno dei suoi, quelli in cui gli avversari sembrano fermi come Willy il Coyote mentre Beep-Beep li avvolge in una nuvola di polvere, percorrendo 83 yard alla velocità della luce. Peccato che, come Chase Reynolds la scorsa settimana, Benny Cunningham commetta una penalità (peraltro nemmeno troppo chiara dai successivi replay) che annullava l’ennesimo touchdown del folletto da West Virginia.
Rabbia e frustrazione la fanno da padrone nell’huddle dei Rams, costretti a ripartire dalle proprie 9 yard, ma con un Gurley in quelle condizioni non c’è nulla da fare per nessuno.
Keenum effettuava un curioso lancio in stile basket e trovava Britt per una ricezione da 25 yard, altre 25 yard le aggiungeva Gurley prima che Wes Welker mettesse a segno la 900esima ricezione in carriera. Un altro passaggio per Britt metteva i Rams sulle 24 avversarie, distanza che Gurley copriva in due portate con altra segnatura in tuffo verso il piloncino della end zone, questa volta il destro.
Con la partita in mano, i Rams iniziavano a temere di poterla vincere e si inceppavano abbastanza in fretta.
Stafford metteva in piedi con pazienza un lungo drive che includeva anche la prima ricezione della serata per Calvin Johnson. Era ancora il solito Tate a ricevere in end zone il pallone del 21-14.
Il successivo onside kick rimbalzava tra le mani di Bradley Marquez, fin lì impeccabile e miglior ricevitore dei Rams. Marquez non riusciva a controllare l’ovale ed i Lions se ne impossessavano con poco più di due minuti sul cronometro. Grazie all’enorme pressione della difesa dei Rams, Stafford si trovava a doversi giocare un quarto tentativo, ed il centro combinava un pasticcio, snappando mentre il quarterback non guardava. Il fumble risultante faceva sì che il tentativo non andasse a buon fine ed i Rams potessero festeggiare la vittoria numero cinque della stagione.
I Detroit Lions hanno disputato una partita difficilmente comprensibile. Pur con tutta la pressione a cui sono stati sottoposti in attacco, è risultata incomprensibile la scelta di non attaccare la secondaria dei Rams, decimata dagli infortuni e con un paio di giocatori (Marcus Roberson su tutti) sempre piuttosto sospetti nelle coperture profonde. In difesa hanno disputato un ottimo primo tempo, anche se non hanno quasi mai impensierito Keenum, ma non hanno saputo reagire agli aggiustamenti dell’intervallo apportati dai Rams, che hanno fatto sì che Gurley diventasse padrone del campo.
Per quanto riguarda i Rams è una vittoria che fa morale, ma non cancella né nasconde i problemi di questa squadra. Boras ha per ora avuto una marcia in più rispetto a Cignetti nel playcalling, ma oltre all’immenso Gurley ed alle fiammate di Tavon Austin, si è visto comunque davvero poco da parte dell’attacco di St.Louis.
In leggero miglioramento la difesa, ancorata intorno ad un monumentale Aaron Donald, autore di tre sack e vera spina nel fianco dell’attacco di Detroit.
La matematica dà i Rams ancora in lizza per un posto nei playoff via wild card, ma oggettivamente è meglio pensare alla partita di giovedì prossimo contro i Buccaneers ed alla stilosissima divisa “all yellow” che ci aspetta.