Dopo dieci anni di successi a Wembley, le International Series NFL sbarcano a Twickenham, il tempio del rugby inglese, e spazzano via tutti i dubbi ed i timori della vigilia, registrando un successo forse persino superiore rispetto alle attese.
Che la scelta di Twickenham sarebbe stata un successo lo si era capito immediatamente dalla prevendita dei biglietti. La partita tra Rams e Giants era infatti quella che aveva fatto registrare il tutto esaurito nel minor tempo rispetto a quelle di inizio mese e di domenica prossima, e questo faceva ben sperare la NFL. Qualche dubbio, però, c’era sullo stadio in sé. Abituati agli ampi spazi di Wembley (dentro e fuori), il pubblico si sarebbe adeguato alla nuova struttura?
Da quanto abbiamo potuto constatare di persona diremmo proprio di si. Entusiasmo alle stelle sia dentro che fuori dallo stadio, dove gli spazi più ristretti non hanno comunque impedito di registrare un grande successo anche nell’area dedicata al tailgating ed alle attività collaterali. Ottima la visuale dagli spalti, migliore rispetto a Wembley grazie alle gradinate più verticali, e tutto sommato atmosfera ottima come al solito.
Unico punto da rivedere l’accesso ed il deflusso dallo stadio. Non essendo servito da metropolitana, raggiungere Twickenham è stato leggermente più “avventuroso”, mentre tornare a Londra è stato decisamente difficoltoso, con grandi quantità di persone ammassate nei pressi della stazione di Twickenham in una scena simile a quella vissuta dieci anni fa in occasione della primissima partita a Wembley, quando il viale di accesso alla metropolitana venne praticamente invaso dal pubblico e restò intasato per almeno due ore dopo l’incontro.
Tutto bene, quindi? Diremmo di no. E’ mancato l’ingrediente principale: lo spettacolo in campo. Los Angeles Rams e New York Giants hanno continuato la tradizione che vuole le partite in terra d’Albione piuttosto scarne tecnicamente, senza però sopperire con gli alti punteggi a cui eravamo abituati. Una partita che gli intenditori classificherebbero come “dominata dalle difese”, ma che alla riprova dei fatti è stata dominata dalla pochezza dei due attacchi, che hanno fatto a gara a chi faceva peggio, competizione ampiamente vinta dai Rams, che hanno finito la partita con quattro intercetti sul groppone di cui almeno due assolutamente incomprensibili, a meno di non attenersi alla spiegazione di coach Fisher a fine partita, che ha attribuito l’ultimo, clamoroso, alla mancanza di comunicazione tra QB e ricevitore, ed il penultimo, simile, all’errata convinzione di Kenny Britt di non essere il ricevitore inteso che l’ha fatto fermare a metà dell’esecuzione della traccia.
E dire che i Rams avevano iniziato bene, sfruttando la settimana di adattamento al fuso orario che gli permetteva di mettere sotto i Giants che, al contrario, sembravano leggermente fuori binario tanto da perdere un pallone nel drive di apertura e subire dieci punti nei primi due drive offensivi dei Rams senza riuscire a controbattere più di tanto. Keenum sembrava in partita, trovava Tavon Austin per il touchdown di apertura e subito dopo lanciava sul profondo per Quick, che bruciava Jenkins per un guadagno di 48 yard, ma arrivato in red zone il meccanismo si inceppava e Zuerlein si incaricava di portare i Rams a 10.
Mancavano 5 minuti alla fine del primo quarto e la partita sembrava segnata. La reazione dei Giants si limitava ad un field goal di Gould a metà del secondo quarto, ma l’attacco dei Rams iniziava a dare i primi segni di cedimento, tanto da non riuscire più a muovere il pallone con la stessa efficacia di inizio partita, arrivando a regalare il pallone del pareggio grazie ad un pallone che Keenum lanciava ad Austin, il quale vedeva la palla schizzargli via dalle mani ed atterrare in quelle di Landon Collins, che faceva uno slalom tra gli avversari per segnare i sette punti del pareggio in maniera davvero insperata.
Gurley non andava da nessuna parte, Beckham Junior non riusciva a liberarsi dall’asfissiante marcatura di Hill, sempre ben supportato via via da McDonald, Joyner e Gaines, e la partita si incastrava in un batti e ribatti davvero penoso, finché il guizzo del numero 13 degli ospiti metteva le cose a posto.
Manning si ricordava di essere un quarterback con due anelli al dito, Beckham riusciva ad eludere la guardia di Hill e riceveva un bel passaggio sulle sei avversarie, da dove tre corse consecutive di Jennings portavano il pallone in end zone per il 17-10 che sarebbe stato anche il risultato finale.
Non mancavano le emozioni, però, nel finale di partita, con Keenum che tentava la rimonta e veniva intercettato due volte da Rodgers-Cromartie in due azioni quasi identiche. Con questa fanno quindi tre partite consecutive che Keenum chiude con un intercetto subito all’ultima azione a decretare la vittoria avversaria. Probabilmente non è tutta colpa sua, i ricevitori avranno le loro responsabilità così come anche il playcalling, ma quello che il numero 17 in maglia Rams ha di nuovo chiaramente dimostrato è che non è assolutamente un trascinatore. Uno di quelli che, sotto di dieci a cinque minuti dalla fine, ti trascina la squadra alla vittoria buttando il cuore oltre l’ostacolo.
I Giants si sono limitati ad eseguire il loro compitino con diligenza, soprattutto quando si sono resi conto che per portare a casa l’intera posta sarebbe bastato sedersi ed aspettare, cercando di non commettere errori. Ci avrebbero pensato i Rams a portare la vittoria sulla East Coast, e così è successo.
Il malumore in casa Rams è palpabile. Nello spogliatoio l’atmosfera era gelida, tutti seduti, girati verso l’armadietto (segno che non sono disponibili per le interviste) con i musi lunghi, mentre in conferenza stampa Fisher tentava di rintuzzare gli attacchi della stampa californiana, la quale è decisamente meno paziente e più esigente di quella del Missouri.
Nonostante la prestazione ancora una volta buona nei numeri ma pessima nell’efficacia di Case Keenum, Fisher ha dichiarato che continuerà ad insistere su di lui come quarterback titolare, e la decisione può avere due significati. Il primo è che mancano cinque sconfitte dal diventare il coach con più partite perse dell’intera storia NFL, e probabilmente Fisher ci tiene a raggiungere velocemente quel record.
Il secondo significato potrebbe essere che dopo il bye, per la partita con Carolina, potremmo vedere in campo Jared Goff, perché il baffo ci ha abituato, in questi anni, a fare sempre l’esatto contrario di quel che dice.
Lo scopriremo tra due settimane al Los Angeles Coliseum.