La notizia che aspettavamo da tempo è finalmente arrivata: dopo lo scempio totale di domenica scorsa contro i Falcons, neanche Kroenke ha potuto far ancora finta di nulla, ed ha licenziato l’head coach Jeff Fisher.
Per i meno attenti alle cose di casa Rams (cioè quasi tutti, e come dargli torto…) la notizia potrebbe essere presa come una contraddizione colossale dopo che solo la scorsa settimana era stata annunciata l’estensione del contratto per altri due anni per Fisher ed il General Manager Les Snead. Nessuno scalpore e nessuna contraddizione, invece, perché il rinnovo era avvenuto a Luglio, poco prima del training camp, quando avevano iniziato a girare le prime indiscrezioni su una riconferma dell’head coach. Già al tempo la notizia aveva mandato in fibrillazione tutto l’ambiente, perché la panchina di Fisher non era poi così solida, dopo quattro anni non proprio positivi. Con il passare delle settimane la notizia era uscita dai radar e sembrava che il rinnovo fosse stato congelato, mentre ora sappiamo, invece, che era già stato bell’e che fatto.
Dalle parole di Kevin Demoff, Vicepresidente e COO dei Rams, si evince chiaramente, però, che il rinnovo contrattuale è stato una sorta di risarcimento per la gestione della transizione della franchigia da St.Louis a Los Angeles, processo nel quale Fisher è stato ovviamente pienamente coinvolto e nel quale ha potuto portare la propria esperienza del trasloco degli Oilers da Houston a Tennessee. Un bel risarcimento, non c’è che dire, visto che il rinnovo cuba per circa sette milioni l’anno che gli verranno versati fino all’ultimo centesimo anche nel 2017, ma nessuna garanzia di non essere licenziato, come abbiamo visto proprio ieri sera.
In questi quattro anni Fisher ha avuto carta bianca su tutto e, assieme a Les Snead, ha rivoltato i Rams come un calzino senza però riuscire ad ottenere un granchè.
Inizialmente non è nemmeno stato molto fortunato, dobbiamo dire. Nel 2012 scelse i Rams piuttosto che i Dolphins perché credeva molto in Sam Bradford, ed il buon Sammy ha pensato bene di fracassarsi i legamenti del ginocchio non una ma due volte, obbligando Fisher a cambiare rotta e navigare a vista. Ma proprio la gestione della situazione Bradford è stata la pietra angolare dell’era Fisher. Il baffo ha infatti puntato tutto quello che aveva sul numero otto, senza preoccuparsi di un eventuale paracadute nel caso le cose non fossero andate come pianificato. Ecco quindi che, nel momento in cui Bradford non era più disponibile, i Rams si sono trovati senza una risposta seria come quarterback. E se una cosa del genere poteva essere accettabile nel caso del primo infortunio, non lo era assolutamente nel caso del secondo, quando i Rams furono costretti a giocare una stagione partendo con Shaun Hill in cabina di regia, non certo lo stereotipo di un franchise quarterback o di un prospetto in crescita.
Se poi aggiungiamo la serie di draft in cui ha sì scovato alcune gemme (Todd Gurley, Aaron Donald, tutto sommato lo stesso Tavo Austin) ma in generale ha accumulato una serie di giocatori mediocri scelti generalmente più alti del loro effettivo valore, ha messo in dubbio le capacita di Fisher e Snead di leggere i rapporti dello scouting staff esaltando l’incredibile abilità nell’effettuare la scelta sbagliata al momento sbagliato.
La gestione di Jared Goff, poi, ha raggiunto i limiti dell’assurdo.
Dopo aver venduto il futuro della franchigia per i prossimi tre anni per prendere la star di California, scopriamo d’improvviso che il ragazzo non è pronto per giocare. Pare addirittura che non sappia prendere uno snap da sotto il centro avendo sempre giocato in shotgun,. Si parla di problemi di memoria a breve termine che gli impediscono di assimilare correttamente il playbook, e mille altri problemi, senza dimenticare il mitico “non sa nemmeno da che parte sorge il sole”. Se fosse tutto vero ci sarebbe da appendere in sala mensa chi ha fatto lo scout e chi ha deciso di scegliere lui al posto di Wentz, ma quando Goff scende finalmente in campo non sembra proprio che abbia tutti questi problemi (ne ha altri, tipici dei rookie, ma è un altro discorso).
E cosa dire dell’affidabilità delle sue parole?
“Questa franchigia ha completa fiducia in Sam Bradford” (ed il giorno dopo lo manda a Philadelphia).
“Nick Foles sarà il nostro starter fino a fine stagione” (e la domenica dopo fa partire Keenum).
“Ho piena fiducia in Keenum, e Goff non è ancora pronto” (e la domenica dopo fa partire Goff).
Solo per citare le tre più famose.
In questi quattro anni Fisher le aveva tentate tutte per dare una svolta a questa squadra, e le correzioni in corsa erano state numerose. Era cambiato tutto: QB, OC, DC, coach di reparto e giocatori, ma nulla era cambiato. Era quindi il momento di provare a cambiare l’ultimo tassello: l’head coach.
Per ora finiremo l’anno con John Fassell come interim coach, ma per il prossimo anno la caccia è aperta.
Si fanno tanti nomi, uno fra tutti quello di Jim Harbaugh, che però vediamo piuttosto difficile che si avveri, dal momento che a Michigan sta bene. È strapagato, ha controllo totale su tutto e, soprattutto, ha un programma vincente.
Personalmente gradiremmo molto la scelta di David Shaw, head coach di Stanford, che ha recentemente visitato le facilities dei Rams. Si diceva che Fisher l’avesse chiamato per iniziare a valutare eventuali candidati a sostituire l’offensive coordinator Rob Boras, ma ora tutto cambia.
Shaw sarebbe una scelta orientata all’attacco, avendo passato praticamente tutta la sua carriera di assistente ad occuparsi di quarterback, ricevitori e runningback con egregi risultati, ma anche lui, come Harbaugh, sta bene a Stanford, dove gli hanno appena raddoppiato l’ingaggio, portandolo a più di tre milioni l’anno. Il denaro potrebbe essere l’unica leva per portare Shaw a Los Angeles.
Per i meno attenti alle cose di casa Rams (cioè quasi tutti, e come dargli torto…) la notizia potrebbe essere presa come una contraddizione colossale dopo che solo la scorsa settimana era stata annunciata l’estensione del contratto per altri due anni per Fisher ed il General Manager Les Snead. Nessuno scalpore e nessuna contraddizione, invece, perché il rinnovo era avvenuto a Luglio, poco prima del training camp, quando avevano iniziato a girare le prime indiscrezioni su una riconferma dell’head coach. Già al tempo la notizia aveva mandato in fibrillazione tutto l’ambiente, perché la panchina di Fisher non era poi così solida, dopo quattro anni non proprio positivi. Con il passare delle settimane la notizia era uscita dai radar e sembrava che il rinnovo fosse stato congelato, mentre ora sappiamo, invece, che era già stato bell’e che fatto.
Dalle parole di Kevin Demoff, Vicepresidente e COO dei Rams, si evince chiaramente, però, che il rinnovo contrattuale è stato una sorta di risarcimento per la gestione della transizione della franchigia da St.Louis a Los Angeles, processo nel quale Fisher è stato ovviamente pienamente coinvolto e nel quale ha potuto portare la propria esperienza del trasloco degli Oilers da Houston a Tennessee. Un bel risarcimento, non c’è che dire, visto che il rinnovo cuba per circa sette milioni l’anno che gli verranno versati fino all’ultimo centesimo anche nel 2017, ma nessuna garanzia di non essere licenziato, come abbiamo visto proprio ieri sera.
In questi quattro anni Fisher ha avuto carta bianca su tutto e, assieme a Les Snead, ha rivoltato i Rams come un calzino senza però riuscire ad ottenere un granchè.
Inizialmente non è nemmeno stato molto fortunato, dobbiamo dire. Nel 2012 scelse i Rams piuttosto che i Dolphins perché credeva molto in Sam Bradford, ed il buon Sammy ha pensato bene di fracassarsi i legamenti del ginocchio non una ma due volte, obbligando Fisher a cambiare rotta e navigare a vista. Ma proprio la gestione della situazione Bradford è stata la pietra angolare dell’era Fisher. Il baffo ha infatti puntato tutto quello che aveva sul numero otto, senza preoccuparsi di un eventuale paracadute nel caso le cose non fossero andate come pianificato. Ecco quindi che, nel momento in cui Bradford non era più disponibile, i Rams si sono trovati senza una risposta seria come quarterback. E se una cosa del genere poteva essere accettabile nel caso del primo infortunio, non lo era assolutamente nel caso del secondo, quando i Rams furono costretti a giocare una stagione partendo con Shaun Hill in cabina di regia, non certo lo stereotipo di un franchise quarterback o di un prospetto in crescita.
Se poi aggiungiamo la serie di draft in cui ha sì scovato alcune gemme (Todd Gurley, Aaron Donald, tutto sommato lo stesso Tavo Austin) ma in generale ha accumulato una serie di giocatori mediocri scelti generalmente più alti del loro effettivo valore, ha messo in dubbio le capacita di Fisher e Snead di leggere i rapporti dello scouting staff esaltando l’incredibile abilità nell’effettuare la scelta sbagliata al momento sbagliato.
La gestione di Jared Goff, poi, ha raggiunto i limiti dell’assurdo.
Dopo aver venduto il futuro della franchigia per i prossimi tre anni per prendere la star di California, scopriamo d’improvviso che il ragazzo non è pronto per giocare. Pare addirittura che non sappia prendere uno snap da sotto il centro avendo sempre giocato in shotgun,. Si parla di problemi di memoria a breve termine che gli impediscono di assimilare correttamente il playbook, e mille altri problemi, senza dimenticare il mitico “non sa nemmeno da che parte sorge il sole”. Se fosse tutto vero ci sarebbe da appendere in sala mensa chi ha fatto lo scout e chi ha deciso di scegliere lui al posto di Wentz, ma quando Goff scende finalmente in campo non sembra proprio che abbia tutti questi problemi (ne ha altri, tipici dei rookie, ma è un altro discorso).
E cosa dire dell’affidabilità delle sue parole?
“Questa franchigia ha completa fiducia in Sam Bradford” (ed il giorno dopo lo manda a Philadelphia).
“Nick Foles sarà il nostro starter fino a fine stagione” (e la domenica dopo fa partire Keenum).
“Ho piena fiducia in Keenum, e Goff non è ancora pronto” (e la domenica dopo fa partire Goff).
Solo per citare le tre più famose.
In questi quattro anni Fisher le aveva tentate tutte per dare una svolta a questa squadra, e le correzioni in corsa erano state numerose. Era cambiato tutto: QB, OC, DC, coach di reparto e giocatori, ma nulla era cambiato. Era quindi il momento di provare a cambiare l’ultimo tassello: l’head coach.
Per ora finiremo l’anno con John Fassell come interim coach, ma per il prossimo anno la caccia è aperta.
Si fanno tanti nomi, uno fra tutti quello di Jim Harbaugh, che però vediamo piuttosto difficile che si avveri, dal momento che a Michigan sta bene. È strapagato, ha controllo totale su tutto e, soprattutto, ha un programma vincente.
Personalmente gradiremmo molto la scelta di David Shaw, head coach di Stanford, che ha recentemente visitato le facilities dei Rams. Si diceva che Fisher l’avesse chiamato per iniziare a valutare eventuali candidati a sostituire l’offensive coordinator Rob Boras, ma ora tutto cambia.
Shaw sarebbe una scelta orientata all’attacco, avendo passato praticamente tutta la sua carriera di assistente ad occuparsi di quarterback, ricevitori e runningback con egregi risultati, ma anche lui, come Harbaugh, sta bene a Stanford, dove gli hanno appena raddoppiato l’ingaggio, portandolo a più di tre milioni l’anno. Il denaro potrebbe essere l’unica leva per portare Shaw a Los Angeles.