Nello splendido scenario del nuovissimo U.S.Bank Stadium di Minneapolis, i Los Angeles Rams hanno ricevuto il primo vero “reality check” della stagione ad opera dei Minnesota Vikings, che aspirano legittimamente a diventare la prima squadra nella storia a disputare un Super Bowl tra le mura amiche.
Era una sfida tra division leader, NFC North per i Vikings e NFC West per i Rams, per cui la partita rappresentava il primo test che i Rams sostenevano contro una squadra di livello superiore. “Playoff in November” titolavano alcuni giornali, e mai definizione poteva essere più azzeccata per dimostrare una volta per tutte che il primato di Los Angeles era figlio sì di un calendario sin qui piuttosto agevole, ma anche della solidità e della consistenza della squadra.
C’era poi da verificare come Goff avrebbe reagito ad una partita di questo livello ed alla presumibile forte pressione a cui l’avrebbe sottoposto la difesa dei Vikings, ma anche dall’altra parte, comunque, c’era la voglia di confrontarsi per capire “a che punto siamo”. Mettiamoci la sicura voglia di rivincita di Case Keenum, panchinato lo scorso anno da Jeff Fisher in favore di un Jared Goff che non avrebbe vinto una delle rimanenti sette partite. L’esodrio di Goff, poi, datava un anno preciso, essendo avvenuto in occasione della sconfitta rimediata dai Dolphins alla week 11 della stagione 2016.
Tutti questi ingredienti hanno prodotto una partita nervosa, tesa, dominata dalle difese (più quella dei Vikings che non quella dei Rams, a dire il vero), che si è sbloccata solamente nel quarto periodo, quando i Vikings hanno finalmente preso il largo andando a vincere per 24-7 un incontro che era fin lì rimasto in perfetto equilibrio soprattutto grazie agli errori di Forbath da una parte e Cooper Kupp dall’altra.
Al pronti-via i Rams mettevano giù uno script iniziale da manuale, che li portava alla segnatura con Todd Gurley in sole nove azioni. La difesa arginava subito gli avversari e tutto sembrava indirizzarsi verso un’altra giornata positiva per i californiani.
Qualcosa, però, cambiava abbastanza in fretta. I Rams perdevano efficacia, con Goff in difficoltà sotto pressione, che non riusciva neanche a completare le tracce veloci, e Gurley incapace di trovare i soliti varchi per innestare la marcia e macinare yard. Woods e Watkins ricevevano qualche pallone interessante, ma alla fine doveva sempre pensarci Johnny Hekker, cercando di allontanare i Vikings il più possibile con i suoi punt.
La difesa faceva un gran lavoro, ma spesso e volentieri questo lavoro sembrava del tutto inutile, perché nonostante tutto i Rams non riuscivano ad essere efficaci con la pass rush, ed ogni tanto si facevano infilare dalle veloci corse di Murray (suoi i touchdown del pareggio nel secondo quarto e del vantaggio nel quarto quarto) e McKinnon. I Rams venivano graziati due volte da Forbath, che sbagliava due field goal relativamente facili, e Keenum faceva il suo, senza cercare di strafare, aspettando il momento propizio per piazzare il colpo letale.
Il momento arrivava poco dopo il touchdown del vantaggio. I Rams erano costretti a pescare dal fondo di un sacco di cornerback che era già mezzo vuoto in partenza, mandando in campo Countess e Hatfield al posto degli infortunati Webster e Robey-Coleman. Keenum tastava il terreno cercando i ricevitori marcati dai due cornerback, e visti i risultati piazzava un lancio su Thielen che si liberava di Hatfield (o meglio, Hatfield non ci capiva nulla ed andava letteralmente a farfalle) e correva 65 yard in touchdown per la segnatura che metteva praticamente la parola fine all’incontro. Forbath centrava finalmente i pali per il 24-7 finale, ma i Rams non riuscivano nemmeno a provare una rimonta, grazie anche ai drop di Kupp ed Everett che vanificavano gli sforzi dell’attacco.
Parlando di drop, non possiamo dimenticare l’azione che ha spaccato la partita in due. Come già successo contro Seattle qualche settimana fa, i Rams riuscivano ad arrivare quasi in end zone, ma perdevano il pallone proprio pochi centimetri prima della end zone. Con Seattle ci pensava Gurley, che si faceva strappare la palla da un difensore proprio sulla linea di touchdown, e ieri era Cooper Kupp che, un attimo prima di entrare in end zone per quello che sarebbe stato il 14-7 che avrebbe potuto determinare un altro andamento della partita.
Non è necessario fare processi o strapparsi i capelli per una sconfitta meritata ma non così pesante come dice il risultato. I Rams hanno dimostrato ieri sera di potersi sedere al tavolo delle squadre che ambiscono ai playoff e di potersela giocare. Certo, errori come quelli di Kupp si pagano cari, e quando hai la possibilità di mettere punti sul tabellone bisogna approfittarne, perché sono partite in cui potresti non avere una seconda occasione, e soprattutto la difesa deve imparare a finire le azioni, perché abbiamo visto più di una volta Keenum praticamente placcato riuscire a divincolarsi e trovare un ricevitori libero per la chiusura del down quando invece avrebbe dovuto essere una perdita di yard con successivo punt.
L’attacco è rimasto un po’ inceppato, nonostante Goff abbia comunque fatto registrare dei numeri decenti (23/37 per 225 yard). Sono sicuramente mancate le corse di Gurley (15 per 37 yard) ed anche le sue ricezioni fuori dal backfield (3 per 19) sono state ben limitate da una difesa dei Vikings molto attenta.
Registriamo l’infortunio di Robert Woods, che ha lasciato il campo con un problema alla spalla di cui conosceremo oggi o domani l’entità, così come per Webster (concussion) e Robey-Coleman (problemi ad una coscia).
Registriamo anche l’improvvisa sparizione di Tavon Austin, che ieri ha giocato la bellezza di due snap in tutto. Anche le finte di reverse erano tutte su Woods, ed il folletto con il numero 11 è rimasto a guardare tutto il tempo. Punizione? Infortunio? Declassamento? Lo scopriremo nelle prossime ore dopo la conferenza stampa di McVay al suo ritorno a Los Angeles.
Era una sfida tra division leader, NFC North per i Vikings e NFC West per i Rams, per cui la partita rappresentava il primo test che i Rams sostenevano contro una squadra di livello superiore. “Playoff in November” titolavano alcuni giornali, e mai definizione poteva essere più azzeccata per dimostrare una volta per tutte che il primato di Los Angeles era figlio sì di un calendario sin qui piuttosto agevole, ma anche della solidità e della consistenza della squadra.
C’era poi da verificare come Goff avrebbe reagito ad una partita di questo livello ed alla presumibile forte pressione a cui l’avrebbe sottoposto la difesa dei Vikings, ma anche dall’altra parte, comunque, c’era la voglia di confrontarsi per capire “a che punto siamo”. Mettiamoci la sicura voglia di rivincita di Case Keenum, panchinato lo scorso anno da Jeff Fisher in favore di un Jared Goff che non avrebbe vinto una delle rimanenti sette partite. L’esodrio di Goff, poi, datava un anno preciso, essendo avvenuto in occasione della sconfitta rimediata dai Dolphins alla week 11 della stagione 2016.
Tutti questi ingredienti hanno prodotto una partita nervosa, tesa, dominata dalle difese (più quella dei Vikings che non quella dei Rams, a dire il vero), che si è sbloccata solamente nel quarto periodo, quando i Vikings hanno finalmente preso il largo andando a vincere per 24-7 un incontro che era fin lì rimasto in perfetto equilibrio soprattutto grazie agli errori di Forbath da una parte e Cooper Kupp dall’altra.
Al pronti-via i Rams mettevano giù uno script iniziale da manuale, che li portava alla segnatura con Todd Gurley in sole nove azioni. La difesa arginava subito gli avversari e tutto sembrava indirizzarsi verso un’altra giornata positiva per i californiani.
Qualcosa, però, cambiava abbastanza in fretta. I Rams perdevano efficacia, con Goff in difficoltà sotto pressione, che non riusciva neanche a completare le tracce veloci, e Gurley incapace di trovare i soliti varchi per innestare la marcia e macinare yard. Woods e Watkins ricevevano qualche pallone interessante, ma alla fine doveva sempre pensarci Johnny Hekker, cercando di allontanare i Vikings il più possibile con i suoi punt.
La difesa faceva un gran lavoro, ma spesso e volentieri questo lavoro sembrava del tutto inutile, perché nonostante tutto i Rams non riuscivano ad essere efficaci con la pass rush, ed ogni tanto si facevano infilare dalle veloci corse di Murray (suoi i touchdown del pareggio nel secondo quarto e del vantaggio nel quarto quarto) e McKinnon. I Rams venivano graziati due volte da Forbath, che sbagliava due field goal relativamente facili, e Keenum faceva il suo, senza cercare di strafare, aspettando il momento propizio per piazzare il colpo letale.
Il momento arrivava poco dopo il touchdown del vantaggio. I Rams erano costretti a pescare dal fondo di un sacco di cornerback che era già mezzo vuoto in partenza, mandando in campo Countess e Hatfield al posto degli infortunati Webster e Robey-Coleman. Keenum tastava il terreno cercando i ricevitori marcati dai due cornerback, e visti i risultati piazzava un lancio su Thielen che si liberava di Hatfield (o meglio, Hatfield non ci capiva nulla ed andava letteralmente a farfalle) e correva 65 yard in touchdown per la segnatura che metteva praticamente la parola fine all’incontro. Forbath centrava finalmente i pali per il 24-7 finale, ma i Rams non riuscivano nemmeno a provare una rimonta, grazie anche ai drop di Kupp ed Everett che vanificavano gli sforzi dell’attacco.
Parlando di drop, non possiamo dimenticare l’azione che ha spaccato la partita in due. Come già successo contro Seattle qualche settimana fa, i Rams riuscivano ad arrivare quasi in end zone, ma perdevano il pallone proprio pochi centimetri prima della end zone. Con Seattle ci pensava Gurley, che si faceva strappare la palla da un difensore proprio sulla linea di touchdown, e ieri era Cooper Kupp che, un attimo prima di entrare in end zone per quello che sarebbe stato il 14-7 che avrebbe potuto determinare un altro andamento della partita.
Non è necessario fare processi o strapparsi i capelli per una sconfitta meritata ma non così pesante come dice il risultato. I Rams hanno dimostrato ieri sera di potersi sedere al tavolo delle squadre che ambiscono ai playoff e di potersela giocare. Certo, errori come quelli di Kupp si pagano cari, e quando hai la possibilità di mettere punti sul tabellone bisogna approfittarne, perché sono partite in cui potresti non avere una seconda occasione, e soprattutto la difesa deve imparare a finire le azioni, perché abbiamo visto più di una volta Keenum praticamente placcato riuscire a divincolarsi e trovare un ricevitori libero per la chiusura del down quando invece avrebbe dovuto essere una perdita di yard con successivo punt.
L’attacco è rimasto un po’ inceppato, nonostante Goff abbia comunque fatto registrare dei numeri decenti (23/37 per 225 yard). Sono sicuramente mancate le corse di Gurley (15 per 37 yard) ed anche le sue ricezioni fuori dal backfield (3 per 19) sono state ben limitate da una difesa dei Vikings molto attenta.
Registriamo l’infortunio di Robert Woods, che ha lasciato il campo con un problema alla spalla di cui conosceremo oggi o domani l’entità, così come per Webster (concussion) e Robey-Coleman (problemi ad una coscia).
Registriamo anche l’improvvisa sparizione di Tavon Austin, che ieri ha giocato la bellezza di due snap in tutto. Anche le finte di reverse erano tutte su Woods, ed il folletto con il numero 11 è rimasto a guardare tutto il tempo. Punizione? Infortunio? Declassamento? Lo scopriremo nelle prossime ore dopo la conferenza stampa di McVay al suo ritorno a Los Angeles.