Esordio vincente al SoFi Stadium

I Dallas Cowboys avevano tenuto a battesimo i Los Angeles Rams al loro ritorno in California davanti ad un L.A.Coliseum straboccante di spettatori (oltre 90mila persone per una partita di preseason), ed hanno tenuto a battesimo anche il nuovo SoFi Stadium, un gioiello costruito dai Rams (ed in cui, ricordiamo, giocheranno anche i Chargers), costato 5 miliardi di dollari (C-I-N-Q-U-E-M-I-L-I-A-R-D-I) e sicuramente all’avanguardia rispetto a tutti gli altri impianti della NFL. Come nel 2016, la spuntano i Rams di misura, 20-17, dopo una partita aspra e combattuta, decisa dalle scelte della panchina di Dallas ancor prima che dalle prodezze degli atleti in campo.

È risultato infatti fatale il tentativo di conversione di quarto down con tre yard da prendere sulle 11 offensive da parte dei Cowboys, quando mancavano ancora undici minuti e quaranta alla fine ed il punteggio era già di 20-17. Semplice dirlo ora, ovviamente, ma la scelta di McCarthy è sembrata piuttosto azzardata, viste le situazoni di camp e punteggio e visto che Dallas stava facendo fatica ad imporre il proprio gioco. Erroraccio del rookie Lamb, nell’occasione, che corre una traccia troppo corta e viene placcato ad una yard dalla chiusura dall’altro rookie Jordan Fuller. Dopo un avvio sonnacchioso ed una marea di placcaggi sbagliati, la difesa dei Rams è riuscita a riprendersi proprio nel finale, impedendo la rimonta dei Cowboys con alcune belle giocate sul drive finale con Prescott che ha dovuto cedere il passo nonostante una partita discreta.

Menzione d’onore per il running back dei Rams Malcolm Brown, autore di una doppietta, che entra nella storia come primo giocatore ad avere segnato un touchdown nel nuovo stadio.

LOS ANGELES RAMS

La difesa non convince – C’era molta curiosità intorno alla difesa del nuovo coordinatore Brandon Staley. Soprattutto era interessante vedere come intendeva sopperire all’ecatombe dei linebackers verificatasi nell’ultima settimana di camp. In effetti il reparto di mezzo ha sofferto, e non poco, con Kiser e Young spesso presi fuori posizione, autori di un numero impressionante di placcaggi mancati. La linea di difesa ha fatto il suo ed anche di più, mentre la secondaria ha alternato fasi di buon gioco a topiche clamorose. In definitiva, un reparto da monitorare nelle prossime settimane, ma che non ha dato l’impressione di essere solidissimo.

Ottimo esordio per i rookie – Cam Akers, starter a sorpresa, ha subito dato un buon ritmo all’attacco dei Rams, mentre Van Jefferson ha avuto qualche occasione, ma ha anche mancato una presa piuttosto semplice, forse troppo preoccupato per la botta che stava per arrivare (ed ha preso comunque). In difesa Jordan Fuller ha impressionato tutti, non solo per il placcaggio sul quarto down che probabilmente ha regalato la vittoria ai Rams, ma anche per una serie di giocate che ci hanno fatto dimenticare per un attimo che fosse un rookie.

Jalen Ramsey… meh! – Fresco di rinnovo contrattuale, Jalen Ramsey ha perso quasi tutte le battaglie con Amari Cooper per i primi tre quarti. Cooper gli ha ricevuto davanti, dietro, in testa, dovunque, e Ramsey non è riuscito a contenerlo. Nel quarto periodo, però, Cooper è stato praticamente azzerato, e Ramsey ha anche sfiorato un turnover. Se Ramsey fosse sempre quello dell’ultimo quarto non ci sarebbero problemi, ma sono i primi tre quarti che preoccupano. Probabilmente c’è da rimuovere di dosso un po’ di ruggine.

Linea offensiva: buona la prima – Non c’era curiosità solo per la difesa, ma anche per la linea offensiva, vero fulcro dell’attacco dei Rams. Whithworth – Noteboom – Blythe – Corbett – Havenstein: questo il lineup che ha disputato un’ottima partita. Se si eccettuano un paio di svarioni di Noteboom, uno dei quali costato un sack, la prestazione della linea è stata una risposta positiva per quanti si chiedevano quale fosse la consistenza del reparto, che lo scorso anno aveva penato soprattutto a causa degli infortuni. Possiamo dire che la configurazione sembra funzionare. Non resta che augurarsi che restino tutti sani.

Lo statement drive di McVay – Chissà cos’avrà studiato McVay in questa offseason per riprendere le redini di un attacco che sembrava essere stato ormai “scoperto” dai defensive coordinators avversari. Beh, McVay ha mandato in campo un vero e proprio “statement” drive, composto esattamente dai giochi che hanno fin qui caratterizzato il suo attacco: inside o outside zone, play action, screen. È stato quasi come se avesse voluto dire a tutti: “Sono ancora qui, con gli stessi schemi, e non mi fermate”. Ed in effetti il primo drive è stato travolgente. Poi l’attacco si è un po’ inceppato, e qualcosa di diverso rispetto agli altri anni si è in effetti visto, a partire dal numero elevato di giochi di corsa. L’impressione, però, è che non sia ancora stato necessario aprire del tutto il nuovo playbook. Finchè la roba vecchia funziona, perché cambiare?

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