Buona (col brivido) anche la seconda

L’orologio indica che mancano 2:19 al termine della partita. Matt Gay ha appena riportato avanti i Rams con un field goal, ed ora Los Angeles conduce 27-24. Jacob Eason, in campo al posto dell’infortunato Carson Wentz, ha lanciat un incompleto su Zach Pascal al primo tentativo.

La TV indugia sul primo piano di Jalen Ramsey. Sorride. Ride. Scuote la testa in segno affermativo, quasi a dire “Si, lanciala pure a Doyle, che stavolta ci penso io”.

Doyle, fino a quel momento, è stato una spina nel fianco della difesa dei Rams, con le sue cinque ricezioni per 64 yard arrivate sempre in momenti critici ed importanti. Proprio come questo.

Eason arretra, guarda a destra, lancia a Doyle… e Jalen Ramsey anticipa il ricevitore dei Colts impossessandosi della sfera, ricadendo con i due piedi appena al di qua della linea laterale. Partita finita, i Rams vincono e Jalen Ramsey saluta i tifosi con la mano.

La vittoria dei Rams sta tutta in questa azione: una superstar che mette una pezza là dove la squadra ha fallito, dove ha permesso a Doyle di ridicolizzarli tutta la sera, portando a casa un risultato che alla vigilia sembrava abbastanza scontato ma che la caparbietà dei Colts, oltre che alla prova sotto tono della difesa dei Rams ed anche dell’attacco, a volte, stavno per far diventare un incubo per Los Angeles.

Rispetto alla partita di esordio i Rams hanno fatto un piccolo passo indietro, sia in attacco che in difesa (per gli special team c’è un capitolo a parte). Stafford è sembrato meno preciso, ha avuto più pressione perchè la linea offensiva gli ha dato molta meno protezione, e la mancanza di un gioco di corsa davvero incisivo ha fatto sì che la difesa di Indianapolis potesse concentrarsi maggiormente sul gioco di passaggio senza temere di essere punita nel gioco a terra. La scelta di Reich ha effettivamente pagato, perchè quasi mai Henderson è stato pericoloso, ed il solo Michel, peraltro con la difesa stanca e la partita che aveva preso tutt’altri binari, ha avuto un rendimento costante nelle poche azioni in cui è entrato in campo nel finale per sostituire un infortunato Henderson.

Molte colpe sono anche dei ricevitori che, Kupp escluso, che è stato il mattatore della serata, hanno droppato alcuni palloni abbastanza semplici, complicando così la vita a Stafford. Infine, il quarterback dei Rams si è di nuovo infortunato al pollice della mano che lancia verso la fine del primo temo. McVay ha rassicurato tutti dicendo che non era nulla, ma ormai siamo abituati a non credere ad una parola di quello che dice l’head coach dei Rams in tema di infortuni: il ginocchio di Gurley ed il pollice di Goff hanno ormai fatto giurisprudenza. Fatto sta, comunque, che ad inizio secondo tempo i Rams hanno corso molto di più di quanto hanno lanciato, senza molto successo, e questo è un chiaro indicatore del fatto che forse forse il pollice di Stafford non stava granchè bene.

Come granchè bene non sta la caviglia di Carson Wentz, che contro i Rams ha una sfortuna micidiale. Proprio contro i Rams era arrivato il primo infortunio al ginocchio qualche anno fa, e ieri sera ha concesso il bis, lasciando la caviglia incastrata sotto Aaron Donald durante un placcaggio. L’infortunio ha probabilmente messo fine a qualsiasi possibilità di rimonta per i Colts, che stavano sfruttando un momentum positivo dopo l’inaspettata doppietta che li aveva portati davanti nel punteggio.

I Colts hanno invece sfruttato molto bene la pessima difesa sulle corse dei Rams già vista domenica scorsa con i Bears. Non ingannino le sole 109 yard complessive guadagnate: Taylor ha saputo trarre il massimo dalle sue incursioni in mezzo alla linea per portare Indianapolis a giocare down e distanze più potabili, aprendo al gioco di passaggio che Wentz ha condotto ottimamente, pur con tutta la pressione che la linea difensiva di Los Angeles gli ha portato (solamente tre i sack messi a segno, ma almeno il doppio evitati con magie vere e proprie o con lanci all’ultimo secondo). Indianapolis ha stentato in red zone, è vero, ma è altrettanto vero che nelle proprie 10-15 yard la difesa dei Rams ha invece disputato una partita superba, tanto che se si giocasse sempre e solo in red zone, Los Angeles sarebbe un muro invalicabile per chiunque.

Sfortunatamente, però, le partite si giocano anche nelle altre 80-85 yard, ed è qui che il reparto difensivo degli ospiti ha lasciato parecchio a desiderare. Raheem Morris sta cercando di replicare lo schema di Brandon Staley, ma finora manca quel qualcosa che rende vincente il gioco dell’ex defensive coordinator, e Morris non ha ancora trovato il bandolo della matassa.

Molto meglio, nonostante tutto, si è comportata la difesa di Indianapolis. Come già detto, potendosi concentrare sui passaggi più che sulle corse, il backfield difensivo dei Colts ha fatto un lavoro eccezionale riuscendo ad ingabbiare i ricevitori dei Rams ed evitando gli sfondoni che hanno portato ai big plays di Stafford della scorsa settimana. Questa bella prestazione, però, è stata “rovinata” dal protagonista assoluto della serata, quel Cooper Kupp che non ha lasciato nulla a nessuno, compagni o avversari che fossero, prendendo nove palloni per 163 yard ed un touchdown, mettendoci anche il suo solito carico di yard after catch che lo rendono il giocatore più efficiente della NFL dopo la ricezione.

Un capitolo a parte per gli special team, dove si è finalmente visto Tutu Atwell ritornare (beh… ricevere per poi essere livellato al suolo) un punt e Cooper Kupp mandato dentro a fare i fair catch nelle situazioni pericolose. Dopo aver iniziato con un kickoff return arrivato quasi a metà campo, la topica per gli special team era dietro l’angolo, ma ha aspettato fino all’inizio del qurto quarto per mostrarsi nei panni di un long snap su un punt che colpiva l’anca di Nick Scott, personal protector, per schizzare in end zone dopo due o tre rimbalzi. Palla ovviamente ricoperta dai Colts e touchdown del vantaggio. A Los Angeles ci sarà da lavorare un po’ per sistemare le cose negli special team.

Chiudiamo con una nota sull’atteso scontro tra Donald e Shelton. Sebbene non al 100%, Shelton ha limitato Aaron Donald come solo lui e pochissimi altri sanno fare, tanto che per essere effettivo, ad un certo punto Donald si è spostato dal lato opposto, dove però era costantemente raddoppiato. Avere un giocatore come Shelton che riesce a battagliare uno contro uno con Donald permette alla linea offensiva di proteggere meglio il proprio quarterback, ed in questo i Colts hanno una grandissima arma da sfruttare nelle partite future.

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