Un suicidio in piena regola. Non ci sono altre parole o espressioni per definire quello che è avvenuto domenica a St.Louis, dove la squadra di casa ha dilapidato un vantaggio di ventuno punti facendosi rimontare ed infine battere dai Dallas Cowboys per 34-31. I Rams erano alla ricerca di qualche conferma dopo la non brillante prova di Tampa, che era comunque valsa una vittoria, in questo inizio di stagione travagliato e segnato dagli infortuni a catena, ed avevano l’occasione di ottenerne almeno alcune, affrontando i Cowboys, reduci anch’essi da una vittoria in trasferta contro i Titans, in una partita che appariva comunque non proibitiva.
A guidare l’attacco, che vedeva Tavon Austin messo precauzionalmente a riposo , era ancora il terzo quarterback Austin Davis, anch’egli alla ricerca di una conferma per convincere Fisher a lasciargli le chiavi della macchina, invece di ridarle a Shaun Hill una volta ristabilitosi. I Cowboys dovevano fare a meno di Rolando McClain, un’assenza che, unita a quella del linebacker Justin Durant, lasciava intravvedere una decente possibilità per i Rams di far funzionare il proprio gioco di corsa, fin qui abbastanza deludente.
L’inizio, in effetti, vedeva Zac Stacy, Bennie Cunningham e Trey Watts padroni incontrastati del gioco su terra, con la difesa dei Cowboys in netta difficoltà che finiva per subire il touchdown di Lance Kendricks su perfetto passaggio di Austin Davis.
Anche la difesa dei Rams sembrava essere entrata in campo con lo spirito giusto, riuscendo a fermare DeMarco Murray, che nelle ultime due occasioni in cui i due team si erano incontrati aveva guadagnato una media di 214 yard a partita, e recuperando un fumble che restituiva palla a Davis e compagni che passavano all’incasso, segnando uno splendido touchdown all’inizio del secondo quarto con Davis che trovava Quick sul profondo per il 14-0.
Dopo un paio di punt per parte, i Rams affondavano nuovamente, stavolta con Janoris Jenkins, che intuiva ed anticipava la traccia di Dez Bryant, intercettando il lancio di Romo a lui diretto riportandolo direttamente in touchdown.
A sei minuti dalla fine del primo tempo i Rams erano avanti 21-0, Austin Davis giocava come un veterano, il gioco di corse funzionava a meraviglia, con la linea offensiva praticamente perfetta, e la difesa aveva messo il bavaglio a Murray e controllato agevolmente Romo.
Partita in ghiaccio, nonostante un tempo e più da giocare. Chi poteva perdere una partita del genere con l’avversario completamente in propria balìa? I Rams, of course.
In realtà si trattava di capire chi avrebbe effettuato prima i propri aggiustamenti, se l’attacco o la difesa dei Cowboys (perché di aggiustamenti da parte di un reparto dei Rams non se ne parla affatto, sotto il regime Fisher). L’attacco in maglia blu vinceva questa singolare contesa, ma solo perché rientrava in campo per primo. Linehan (un nome non troppo rimpianto a St.Louis) non cambiava il proprio game plan, ma effettuava alcuni aggiustamenti che mandavano fuori sincronia la difesa dei Rams. Murray, che aveva totalizzato fino a quel momento ben zero yard su sei tentativi, piazzava una corsa da quattordici yard subito seguita da una da venti, riportando i Cowboys in zona punti. Poche azioni dopo era lo stesso Murray ad incaricarsi di togliere lo zero dal tabellino con una corsa personale di una yard.
A quel punto si rivedevano i Rams di questo inizio di stagione. Scott Wells, non un certo un rookie, si esibiva in uno snap corto con Davis in posizione di shotgun. Il risultato era un fumble ricoperto dai Cowboys, i quali, con trentasei secondi sul cronometro e tutti e tre i timeout, si portavano in zona da field goal. Il calcio avrebbe potuto essere da oltre 50 yard, ma una penalità di roughing the passer assolutamente inventata chiamata a Sims, avvicinava Dallas alla goal line avversaria, e Bailey poteva piazzare la palla tra i pali da una distanza ben più agevole di 29 yard.
Il secondo tempo iniziava con i Cowboys palla in mano e la secondaria dei Rams ancora nello spogliatoio. Al quarto gioco offensivo, Dez Bryant si liberava di Jenkins con una doppia mossa, e McLeod andava a triplicare una traccia corta anziché occuparsi di Bryant. A Romo non pareva vero di poter lanciare l’ovale al proprio ricevitore come se fosse un drill in allenamento: 68 yard, touchdown e svantaggio ridotto a soli quattro punti.
I Rams ripartivano, ma si fermavano sulle 15 avversarie, dove Stacy non riusciva a convertire un quarto e pollici come aveva invece fatto in scioltezza nel primo tempo. Invece di allungare, i Rams subivano la risposta di Dallas, che ne approfittava per annullare quasi del tutto lo svantaggio iniziale con un altro field goal di Bailey.
Nonostante tutto i Rams erano ancora avanti di un punto, ma Jared Cook decideva di aggiungere un po’ di pepe alla partita, maltrattando malamente al terzo down un pallone che Austin Davis gli aveva piazzato tra le mani in end zone per il più semplice dei touchdown. Mentre Cook rientrava in panchina e spintonava Davis, anziché scusarsi con lui per il drop, Zuerlein calciava il field goal che riportava la distanza tra le due squadre a quattro punti, ma la partita appariva segnata.
Quando non sfrutti l’occasione per rimettere due segnature tra te e l’avversario, ed in più ti sei anche fatto rimontare tre touchdown, l’epilogo non può essere molto diverso dalla sconfitta.
Al termine di un lunghissimo drive, in cui Romo chiude addirittura un terzo e tredici con un goffissimo ma efficace scramble da sedici yard, è proprio il quarterback con la stella sul casco a trovare Williams in end zone per il primo vantaggio della partita per i Cowboys. Mancano poco più di sei minuti alla fine, ed i Cowboys mettono il naso avanti 27-24.
Per non smentire quanto appena detto sull’inesorabilità dell’epilogo negativo, Davis rientra in campo e lancia un intercetto bruttissimo, forse il suo unico errore in una partita altrimenti praticamente perfetta. Carter agguanta il pallone, ringrazia e si catapulta in end zone per il 34-24.
L’attacco dei Rams, davvero ammirevole, nonostante tutto, riparte con caparbietà e riesce a mettere la palla in end zone con il terzo touchdown pass di Davis, che questa volta trova Pettis pronto alla ricezione.
Con poco più di due minuti a disposizione, i Rams devono affidarsi alla propria difesa per cercare di fermare Dallas e riconsegnare a Davis la possibilità di andare almeno in overtime.
Nonostante un’altra chiamata al limite dell’allucinazione da parte del referee neghi un sack che avrebbe probabilmente costretto Dallas a calciare da dentro le proprie dieci yard, la difesa di casa riesce ad imporre uno stop, ma l’impresa è disperata. Dopo il punt dei Cowboys la palla viene piazzata sulle quattordici yards dei Rams (altra penalità sul ritorno, tanto per non farsi mancare nulla), e Davis è obbligato a sparare profondo, dove trova le mani di Claiborne, che agguantano pallone e vittoria per Dallas.
Murray finisce a 100 yard tonde, un netto miglioramento rispetto al passato per la difesa dei Rams, ma lo score premia ancora una volta i texani, che tornano a casa con una vittoria di quelle pesanti, soprattutto perché arrivata nonostante una prestazione tutto considerato non proprio entusiasmante. Più che per la superiorità rispetto all’avversario, i Cowboys sono stati premiati per la loro caparbietà e per non aver mai mollato un centimetro anche quando i Rams sembravano poter dilagare in ogni momento. Un Romo poco convincente ma tremendamente efficace, capace di chiudere diversi terzi down lunghi in maniera piuttosto agevole e, quando necessario, occupandosene in prima persona, ha fatto da contraltare ad una difesa che si è piegata spesso, sentendo molto la mancanza dei propri migliori placcatori, ma che alla fine è riuscita a contenere i danni.
Domenica prossima i Rams si prendono una pausa, inaugurando la sequenza delle soste, che dovrà servire a dirimere quella che potrebbe sembrare l’inizio di una QB controversy. Fisher ha già dichiarato che il titolare resta Hill, indipendentemente dalle prestazioni più o meno positive di Davis, ma è vero che ignorare quanto fatto dal “ragazzino” in queste due partite in cui è partito titolare sarebbe un errore piuttosto grave. Puntare su Hill potrebbe avere un senso solo se Fisher non si intestardirà su di lui anche in caso di prestazioni indecenti, nel qual caso avrebbe l’obbligo di dare una chance a chi ha già dimostrato di poter tenere botta in maniera egregia.
I Cowboys, invece, ospiteranno i Saints nel Sunday night, un ospite sulla carta ostico ma che ha dimostrato in queste tre settimane di non essere più la macchina da yard delle scorse stagioni.
A guidare l’attacco, che vedeva Tavon Austin messo precauzionalmente a riposo , era ancora il terzo quarterback Austin Davis, anch’egli alla ricerca di una conferma per convincere Fisher a lasciargli le chiavi della macchina, invece di ridarle a Shaun Hill una volta ristabilitosi. I Cowboys dovevano fare a meno di Rolando McClain, un’assenza che, unita a quella del linebacker Justin Durant, lasciava intravvedere una decente possibilità per i Rams di far funzionare il proprio gioco di corsa, fin qui abbastanza deludente.
L’inizio, in effetti, vedeva Zac Stacy, Bennie Cunningham e Trey Watts padroni incontrastati del gioco su terra, con la difesa dei Cowboys in netta difficoltà che finiva per subire il touchdown di Lance Kendricks su perfetto passaggio di Austin Davis.
Anche la difesa dei Rams sembrava essere entrata in campo con lo spirito giusto, riuscendo a fermare DeMarco Murray, che nelle ultime due occasioni in cui i due team si erano incontrati aveva guadagnato una media di 214 yard a partita, e recuperando un fumble che restituiva palla a Davis e compagni che passavano all’incasso, segnando uno splendido touchdown all’inizio del secondo quarto con Davis che trovava Quick sul profondo per il 14-0.
Dopo un paio di punt per parte, i Rams affondavano nuovamente, stavolta con Janoris Jenkins, che intuiva ed anticipava la traccia di Dez Bryant, intercettando il lancio di Romo a lui diretto riportandolo direttamente in touchdown.
A sei minuti dalla fine del primo tempo i Rams erano avanti 21-0, Austin Davis giocava come un veterano, il gioco di corse funzionava a meraviglia, con la linea offensiva praticamente perfetta, e la difesa aveva messo il bavaglio a Murray e controllato agevolmente Romo.
Partita in ghiaccio, nonostante un tempo e più da giocare. Chi poteva perdere una partita del genere con l’avversario completamente in propria balìa? I Rams, of course.
In realtà si trattava di capire chi avrebbe effettuato prima i propri aggiustamenti, se l’attacco o la difesa dei Cowboys (perché di aggiustamenti da parte di un reparto dei Rams non se ne parla affatto, sotto il regime Fisher). L’attacco in maglia blu vinceva questa singolare contesa, ma solo perché rientrava in campo per primo. Linehan (un nome non troppo rimpianto a St.Louis) non cambiava il proprio game plan, ma effettuava alcuni aggiustamenti che mandavano fuori sincronia la difesa dei Rams. Murray, che aveva totalizzato fino a quel momento ben zero yard su sei tentativi, piazzava una corsa da quattordici yard subito seguita da una da venti, riportando i Cowboys in zona punti. Poche azioni dopo era lo stesso Murray ad incaricarsi di togliere lo zero dal tabellino con una corsa personale di una yard.
A quel punto si rivedevano i Rams di questo inizio di stagione. Scott Wells, non un certo un rookie, si esibiva in uno snap corto con Davis in posizione di shotgun. Il risultato era un fumble ricoperto dai Cowboys, i quali, con trentasei secondi sul cronometro e tutti e tre i timeout, si portavano in zona da field goal. Il calcio avrebbe potuto essere da oltre 50 yard, ma una penalità di roughing the passer assolutamente inventata chiamata a Sims, avvicinava Dallas alla goal line avversaria, e Bailey poteva piazzare la palla tra i pali da una distanza ben più agevole di 29 yard.
Il secondo tempo iniziava con i Cowboys palla in mano e la secondaria dei Rams ancora nello spogliatoio. Al quarto gioco offensivo, Dez Bryant si liberava di Jenkins con una doppia mossa, e McLeod andava a triplicare una traccia corta anziché occuparsi di Bryant. A Romo non pareva vero di poter lanciare l’ovale al proprio ricevitore come se fosse un drill in allenamento: 68 yard, touchdown e svantaggio ridotto a soli quattro punti.
I Rams ripartivano, ma si fermavano sulle 15 avversarie, dove Stacy non riusciva a convertire un quarto e pollici come aveva invece fatto in scioltezza nel primo tempo. Invece di allungare, i Rams subivano la risposta di Dallas, che ne approfittava per annullare quasi del tutto lo svantaggio iniziale con un altro field goal di Bailey.
Nonostante tutto i Rams erano ancora avanti di un punto, ma Jared Cook decideva di aggiungere un po’ di pepe alla partita, maltrattando malamente al terzo down un pallone che Austin Davis gli aveva piazzato tra le mani in end zone per il più semplice dei touchdown. Mentre Cook rientrava in panchina e spintonava Davis, anziché scusarsi con lui per il drop, Zuerlein calciava il field goal che riportava la distanza tra le due squadre a quattro punti, ma la partita appariva segnata.
Quando non sfrutti l’occasione per rimettere due segnature tra te e l’avversario, ed in più ti sei anche fatto rimontare tre touchdown, l’epilogo non può essere molto diverso dalla sconfitta.
Al termine di un lunghissimo drive, in cui Romo chiude addirittura un terzo e tredici con un goffissimo ma efficace scramble da sedici yard, è proprio il quarterback con la stella sul casco a trovare Williams in end zone per il primo vantaggio della partita per i Cowboys. Mancano poco più di sei minuti alla fine, ed i Cowboys mettono il naso avanti 27-24.
Per non smentire quanto appena detto sull’inesorabilità dell’epilogo negativo, Davis rientra in campo e lancia un intercetto bruttissimo, forse il suo unico errore in una partita altrimenti praticamente perfetta. Carter agguanta il pallone, ringrazia e si catapulta in end zone per il 34-24.
L’attacco dei Rams, davvero ammirevole, nonostante tutto, riparte con caparbietà e riesce a mettere la palla in end zone con il terzo touchdown pass di Davis, che questa volta trova Pettis pronto alla ricezione.
Con poco più di due minuti a disposizione, i Rams devono affidarsi alla propria difesa per cercare di fermare Dallas e riconsegnare a Davis la possibilità di andare almeno in overtime.
Nonostante un’altra chiamata al limite dell’allucinazione da parte del referee neghi un sack che avrebbe probabilmente costretto Dallas a calciare da dentro le proprie dieci yard, la difesa di casa riesce ad imporre uno stop, ma l’impresa è disperata. Dopo il punt dei Cowboys la palla viene piazzata sulle quattordici yards dei Rams (altra penalità sul ritorno, tanto per non farsi mancare nulla), e Davis è obbligato a sparare profondo, dove trova le mani di Claiborne, che agguantano pallone e vittoria per Dallas.
Murray finisce a 100 yard tonde, un netto miglioramento rispetto al passato per la difesa dei Rams, ma lo score premia ancora una volta i texani, che tornano a casa con una vittoria di quelle pesanti, soprattutto perché arrivata nonostante una prestazione tutto considerato non proprio entusiasmante. Più che per la superiorità rispetto all’avversario, i Cowboys sono stati premiati per la loro caparbietà e per non aver mai mollato un centimetro anche quando i Rams sembravano poter dilagare in ogni momento. Un Romo poco convincente ma tremendamente efficace, capace di chiudere diversi terzi down lunghi in maniera piuttosto agevole e, quando necessario, occupandosene in prima persona, ha fatto da contraltare ad una difesa che si è piegata spesso, sentendo molto la mancanza dei propri migliori placcatori, ma che alla fine è riuscita a contenere i danni.
Domenica prossima i Rams si prendono una pausa, inaugurando la sequenza delle soste, che dovrà servire a dirimere quella che potrebbe sembrare l’inizio di una QB controversy. Fisher ha già dichiarato che il titolare resta Hill, indipendentemente dalle prestazioni più o meno positive di Davis, ma è vero che ignorare quanto fatto dal “ragazzino” in queste due partite in cui è partito titolare sarebbe un errore piuttosto grave. Puntare su Hill potrebbe avere un senso solo se Fisher non si intestardirà su di lui anche in caso di prestazioni indecenti, nel qual caso avrebbe l’obbligo di dare una chance a chi ha già dimostrato di poter tenere botta in maniera egregia.
I Cowboys, invece, ospiteranno i Saints nel Sunday night, un ospite sulla carta ostico ma che ha dimostrato in queste tre settimane di non essere più la macchina da yard delle scorse stagioni.