La sfida tra Steelers e Rams all’Heinz Field di ieri sera doveva dare delle risposte ad entrambe le squadre, dopo un avvio altalenante che aveva prodotto una vittoria ed una sconfitta per entrambe.
Un momento… Heinz Field? Ma non si giocava a St.Louis?
In effetti si, la partita si è giocata all’Edward Jones Dome di St.Louis, ma la quantità di asciugamani gialli che sventolava in tribuna era talmente grande che per gli Steelers si è trattata di una partita casalinga, anche visto il “rumore” del pubblico nei momenti topici della partita che ha, come vedremo, anche avuto un ruolo decisivo nell’andamento della gara.
Tra l’ormai quasi scontata “fuga” della squadra a Los Angeles e le prestazioni come quelle di Washington della scorsa settimana o, peggio ancora, di ieri sera, i tifosi dei Rams non hanno certo molte motivazioni per andare a vedere i loro beniamini (?) dal vivo, e venti anni dopo si sta ripetendo lo scenario che vide l’ultima stagione in California nel 1994 essere giocata di fronte a spalti semideserti. Qui, peggio ancora, si gioca invece in perenne situazione da trasferta.
Sarà per questo che i Rams, dopo la vittoria contro i Seahawks strappata con le unghie e coi denti, stanno offrendo uno spettacolo osceno dopo l’altro?
Quel che è certo è che ieri sera i Rams hanno avuto la possibilità di avere la meglio su una squadra che aveva iniziato la partita alla grande ma che era andata in difficoltà alla distanza, anche e soprattutto dopo aver perso per infortunio quel Ben Roethlisberger che, se ne dica quel che si vuole, ma è sempre un gran bel quarterback, come ha ampiamente dimostrato nel primo tempo, quando ha letteralmente fatto a pezzi la difesa avversaria prima che Williams ci capisse qualcosa e cominciasse ad apportare qualche cambiamento.
Entrambe le squadre potevano contare finalmente sul loro running back titolare dopo la sospensione (Le Veon Bell per gli Steelers) oppure dopo aver avuto finalmente il via libera dai medici (Todd Gurley per i Rams). Se però Bell si è dimostrato un fattore determinante nell’attacco giallonero assieme al ricevitore Antonio Brown, lo stesso non si può dire per Gurley, il quale ha avuto un primo assaggio di NFL dopo l’infortunio al ginocchio della scorsa stagione, ma non ha lasciato il segno in nessuna maniera.
Probabilmente quando sarà in grado di prendersi carico della maggior parte delle portate dell’attacco bluoro le cose andranno un po’ meglio. Le sei portate di ieri sera sono sembrate più un modo di fargli tastare il terreno che non l’intenzione di dargli spazio in maniera definitiva.
Nonostante una supremazia territoriale piuttosto marcata da parte degli Steelers nel primo tempo, che si rifletteva sia nel tempo di possesso che nel total offense, Pittsburgh finiva per sbattere contro il muro di una difesa che, come ci ha abituato da anni, alterna grandi giocate a prestazioni incomprensibili, ma che alla fine riesce sempre a limitare l’attacco avversario. Essere sotto di soli nove punti, infatti, era quasi una vittoria per i Rams, in considerazione del grosso sforzo offensivo generato dai gialloneri in maglia bianca. I Rams potevano anche avvantaggiarsi della scellerata decisione di andare da due punti dopo il touchdown di Bell. Una costante in questa stagione per gli Steelers, che forse alla distanza può portare vantaggi in termini di punti, ma che in una partita a basso punteggio come questa avrebbe potuto rivelarsi decisiva in negativo, non fosse stato per l’inettitudine dell’attacco della squadra avversaria.
L’inizio di partita della difesa dei Rams riportava alla mente gli orrori di recenti coordinatori difensivi che amavano alla follia piazzare i cornerback tra le otto e le dieci yard di distanza dai ricevitori, ed ovviamente un quarterback esperto come Big Ben non poteva fare altro che prendersi le slant veloci che la difesa gli concedeva, anche due, tre volte consecutivamente, dando quasi l’impressione di eseguire un drill in allenamento piuttosto che delle azioni vere e proprie in partita. Tolti i lanci corti e veloci, era la volta delle post su Antonio Brown, marcato in maniera pessima, e poi delle corse di Bell. L’attacco degli Steelers sembrava avere una risposta adeguata per qualsiasi fronte difensivo i Rams scegliessero di schierare.
Nonostante tutto, come detto poc’anzi, alla fine erano solo nove i punti messi a segno, e drive dopo drive la difesa dei Rams riusciva a salire sempre più in cattedra, fornendo al proprio attacco più occasioni per riprendere inmano la partita.
Già… l’attacco dei Rams. Corse non pervenute. Blocchi in linea inesistenti. Tasca passaggio ridotta ad un taschino traforato e scelta degli schemi da chiamare piuttosto sospetta.
Nonostante tutto Foles trovava in Kenny Britt l’alleato della serata, e gli scaricava il pallone spesso e volentieri. Come da copione anche i tight end erano pesantemente coinvolti nel playcalling, ma Kendricks era in vena di lasciar cadere qualsiasi palla capitasse dalle sue parti, anche quando si trattava di un siluro che aveva superato il difensore e che aveva solo bisogno di essere trattenuto in mano per essere trasformato in un touchdown simile a quello che aveva regalato l’overtime contro i Seahawks alla prima giornata.
Le mani di burro la facevano da padrone, invece, e per non essere da meno anche Foles cominciava a lanciare palloni imprendibili, come i due per Cook presumibilmente nell’angolo della end zone. Forse quella di un altro stadio, però, dal momento che entrambi i due passaggi erano davvero fuori misura, e nemmeno di poco.
Gli Steelers perdevano Roethlisberger per un infortunio al ginocchio sul sack di Barron, e l’attacco affidato a Michael Vick non sembrava più in grado di impensierire i padroni di casa.
Con il field goal di Zuerlein a portare il punteggio sul 9-3 per Pittsburgh, i Rams avevano la ghiottissima occasione di passare in vantaggio a circa cinque minuti dalla fine, quando una interferenza su Britt regalava loro quattro down dentro le dieci yard avversarie. Ma qui entrava in gioco il fattore campo. I tifosi degli Steelers erano talmente tanti e rumorosi che Foles era costretto ad utilizzare il “silent count”, la procedura di snap che solitamente si utilizza quando non si riescono a sentire i comandi del quarterback per il troppo rumore del pubblico, e Cook (sempre lui…) riusciva anche a fare una falsa partenza, allontanando ulteriormente la linea di scrimmage dalla end zone avversaria. Fisher andava con il manuale e calciava un secondo field goal portando lo svantaggio a soli tre punti.
La difesa faceva il suo, costringendo gli Steelers al punt, ma Foles rovinava tutto con un orrendo lancio per Kendricks che terminava dritto e morbido nelle mani della safety avversaria Allen. Dal turnover gli Steelers guadagnavano solo un field goal, ed i Rams potevano ancora puntare ad una disperata rimonta: 80 yard di campo, due minuti a disposizione e nessun timeout. Il drive terminava in maniera indecorosa su un quarto down che sembrava convertito su Britt e che invece gli arbitri, dopo aver dato il first down, annullavano dopo il replay, dal quale forse si intravvedeva la palla che forse toccava terra. Una chiamata piuttosto dubbia, vista la poca chiarezza delle immagini, ma non certamente scandalosa, che metteva fine alle residue speranze dei Rams di rimontare.
Nessuna delle due squadre esce particolarmente bene da questa partita. Gli Steelers hanno vinto, ma la perdita di Big Ben sarà una grossa mazzata per il loro attacco che, con Vick in cabina di regia, è parso tutt’altro che brillante. Bisognerà rivedere il playbook offensivo per meglio adattarlo a Vick per il periodo di assenza di Roethlisberger, ma non sarà un’operazione semplice.
Per quanto riguarda i Rams, Fisher ha un compito piuttosto difficile: dare un volto all’attacco. La filosofia dello stabilire il gioco di corsa per aprire quello di passaggio non sta funzionando per nulla. E non potrà funzionare finchè non ci sarà una situazione chiara nel reparto runningback. Se Gurley è fisicamente in grado di sopportare un numero di portate sufficiente, bisogna dargli le chiavi dell’attacco subito, per lo meno per quanro riguarda il gioco su terra. Ma anche il gioco aereo deve trovare stabilità. Serve individuare un ricevitore principale e comportarsi di conseguenza. Cambiare bersaglio ad ogni partita non porterà a nulla se non ad aumentare la confusione che già regna in attacco.
Stabilità in ogni reparto è la parola chiave per Fisher.
Un momento… Heinz Field? Ma non si giocava a St.Louis?
In effetti si, la partita si è giocata all’Edward Jones Dome di St.Louis, ma la quantità di asciugamani gialli che sventolava in tribuna era talmente grande che per gli Steelers si è trattata di una partita casalinga, anche visto il “rumore” del pubblico nei momenti topici della partita che ha, come vedremo, anche avuto un ruolo decisivo nell’andamento della gara.
Tra l’ormai quasi scontata “fuga” della squadra a Los Angeles e le prestazioni come quelle di Washington della scorsa settimana o, peggio ancora, di ieri sera, i tifosi dei Rams non hanno certo molte motivazioni per andare a vedere i loro beniamini (?) dal vivo, e venti anni dopo si sta ripetendo lo scenario che vide l’ultima stagione in California nel 1994 essere giocata di fronte a spalti semideserti. Qui, peggio ancora, si gioca invece in perenne situazione da trasferta.
Sarà per questo che i Rams, dopo la vittoria contro i Seahawks strappata con le unghie e coi denti, stanno offrendo uno spettacolo osceno dopo l’altro?
Quel che è certo è che ieri sera i Rams hanno avuto la possibilità di avere la meglio su una squadra che aveva iniziato la partita alla grande ma che era andata in difficoltà alla distanza, anche e soprattutto dopo aver perso per infortunio quel Ben Roethlisberger che, se ne dica quel che si vuole, ma è sempre un gran bel quarterback, come ha ampiamente dimostrato nel primo tempo, quando ha letteralmente fatto a pezzi la difesa avversaria prima che Williams ci capisse qualcosa e cominciasse ad apportare qualche cambiamento.
Entrambe le squadre potevano contare finalmente sul loro running back titolare dopo la sospensione (Le Veon Bell per gli Steelers) oppure dopo aver avuto finalmente il via libera dai medici (Todd Gurley per i Rams). Se però Bell si è dimostrato un fattore determinante nell’attacco giallonero assieme al ricevitore Antonio Brown, lo stesso non si può dire per Gurley, il quale ha avuto un primo assaggio di NFL dopo l’infortunio al ginocchio della scorsa stagione, ma non ha lasciato il segno in nessuna maniera.
Probabilmente quando sarà in grado di prendersi carico della maggior parte delle portate dell’attacco bluoro le cose andranno un po’ meglio. Le sei portate di ieri sera sono sembrate più un modo di fargli tastare il terreno che non l’intenzione di dargli spazio in maniera definitiva.
Nonostante una supremazia territoriale piuttosto marcata da parte degli Steelers nel primo tempo, che si rifletteva sia nel tempo di possesso che nel total offense, Pittsburgh finiva per sbattere contro il muro di una difesa che, come ci ha abituato da anni, alterna grandi giocate a prestazioni incomprensibili, ma che alla fine riesce sempre a limitare l’attacco avversario. Essere sotto di soli nove punti, infatti, era quasi una vittoria per i Rams, in considerazione del grosso sforzo offensivo generato dai gialloneri in maglia bianca. I Rams potevano anche avvantaggiarsi della scellerata decisione di andare da due punti dopo il touchdown di Bell. Una costante in questa stagione per gli Steelers, che forse alla distanza può portare vantaggi in termini di punti, ma che in una partita a basso punteggio come questa avrebbe potuto rivelarsi decisiva in negativo, non fosse stato per l’inettitudine dell’attacco della squadra avversaria.
L’inizio di partita della difesa dei Rams riportava alla mente gli orrori di recenti coordinatori difensivi che amavano alla follia piazzare i cornerback tra le otto e le dieci yard di distanza dai ricevitori, ed ovviamente un quarterback esperto come Big Ben non poteva fare altro che prendersi le slant veloci che la difesa gli concedeva, anche due, tre volte consecutivamente, dando quasi l’impressione di eseguire un drill in allenamento piuttosto che delle azioni vere e proprie in partita. Tolti i lanci corti e veloci, era la volta delle post su Antonio Brown, marcato in maniera pessima, e poi delle corse di Bell. L’attacco degli Steelers sembrava avere una risposta adeguata per qualsiasi fronte difensivo i Rams scegliessero di schierare.
Nonostante tutto, come detto poc’anzi, alla fine erano solo nove i punti messi a segno, e drive dopo drive la difesa dei Rams riusciva a salire sempre più in cattedra, fornendo al proprio attacco più occasioni per riprendere inmano la partita.
Già… l’attacco dei Rams. Corse non pervenute. Blocchi in linea inesistenti. Tasca passaggio ridotta ad un taschino traforato e scelta degli schemi da chiamare piuttosto sospetta.
Nonostante tutto Foles trovava in Kenny Britt l’alleato della serata, e gli scaricava il pallone spesso e volentieri. Come da copione anche i tight end erano pesantemente coinvolti nel playcalling, ma Kendricks era in vena di lasciar cadere qualsiasi palla capitasse dalle sue parti, anche quando si trattava di un siluro che aveva superato il difensore e che aveva solo bisogno di essere trattenuto in mano per essere trasformato in un touchdown simile a quello che aveva regalato l’overtime contro i Seahawks alla prima giornata.
Le mani di burro la facevano da padrone, invece, e per non essere da meno anche Foles cominciava a lanciare palloni imprendibili, come i due per Cook presumibilmente nell’angolo della end zone. Forse quella di un altro stadio, però, dal momento che entrambi i due passaggi erano davvero fuori misura, e nemmeno di poco.
Gli Steelers perdevano Roethlisberger per un infortunio al ginocchio sul sack di Barron, e l’attacco affidato a Michael Vick non sembrava più in grado di impensierire i padroni di casa.
Con il field goal di Zuerlein a portare il punteggio sul 9-3 per Pittsburgh, i Rams avevano la ghiottissima occasione di passare in vantaggio a circa cinque minuti dalla fine, quando una interferenza su Britt regalava loro quattro down dentro le dieci yard avversarie. Ma qui entrava in gioco il fattore campo. I tifosi degli Steelers erano talmente tanti e rumorosi che Foles era costretto ad utilizzare il “silent count”, la procedura di snap che solitamente si utilizza quando non si riescono a sentire i comandi del quarterback per il troppo rumore del pubblico, e Cook (sempre lui…) riusciva anche a fare una falsa partenza, allontanando ulteriormente la linea di scrimmage dalla end zone avversaria. Fisher andava con il manuale e calciava un secondo field goal portando lo svantaggio a soli tre punti.
La difesa faceva il suo, costringendo gli Steelers al punt, ma Foles rovinava tutto con un orrendo lancio per Kendricks che terminava dritto e morbido nelle mani della safety avversaria Allen. Dal turnover gli Steelers guadagnavano solo un field goal, ed i Rams potevano ancora puntare ad una disperata rimonta: 80 yard di campo, due minuti a disposizione e nessun timeout. Il drive terminava in maniera indecorosa su un quarto down che sembrava convertito su Britt e che invece gli arbitri, dopo aver dato il first down, annullavano dopo il replay, dal quale forse si intravvedeva la palla che forse toccava terra. Una chiamata piuttosto dubbia, vista la poca chiarezza delle immagini, ma non certamente scandalosa, che metteva fine alle residue speranze dei Rams di rimontare.
Nessuna delle due squadre esce particolarmente bene da questa partita. Gli Steelers hanno vinto, ma la perdita di Big Ben sarà una grossa mazzata per il loro attacco che, con Vick in cabina di regia, è parso tutt’altro che brillante. Bisognerà rivedere il playbook offensivo per meglio adattarlo a Vick per il periodo di assenza di Roethlisberger, ma non sarà un’operazione semplice.
Per quanto riguarda i Rams, Fisher ha un compito piuttosto difficile: dare un volto all’attacco. La filosofia dello stabilire il gioco di corsa per aprire quello di passaggio non sta funzionando per nulla. E non potrà funzionare finchè non ci sarà una situazione chiara nel reparto runningback. Se Gurley è fisicamente in grado di sopportare un numero di portate sufficiente, bisogna dargli le chiavi dell’attacco subito, per lo meno per quanro riguarda il gioco su terra. Ma anche il gioco aereo deve trovare stabilità. Serve individuare un ricevitore principale e comportarsi di conseguenza. Cambiare bersaglio ad ogni partita non porterà a nulla se non ad aumentare la confusione che già regna in attacco.
Stabilità in ogni reparto è la parola chiave per Fisher.