Tocca ancora a Blair Walsh portare a casa la vittoria per i Minnesota Vikings che, battendo i Rams 21-18 in overtime ed approfittando della contemporanea sconfitta dei Packers, si portano alla pari di Green Bay in testa alla Division.
Il field goal di Walsh, come quello di domenica scorsa contro i Bears, ha permesso ai Vikings di portare a casa una vittoria molto sudata al termine di un partita che ha lasciato un codazzo di polemiche piuttosto forti nei confronti della difesa dei Rams e della crew arbitrale.
Tutto ruota intorno a tre colpi subiti dai quarterback delle due squadre a breve distanza uno dall’altro. Prima tocca a Bridgewater subire un colpo in ritardo da parte del defensive end William Hayes, il quale però, nel giudizio della crew arbitrale, era già lanciato e non poteva fermarsi: niente flag. Opinione rispettabile ed anche condivisibile, se non fosse per il fatto che Hayes porta poi il colpo ad altezza ginocchio. Poche azioni dopo, con la palla in possesso dei Rams, tocca a Joseph colpire Foles quando questi ha già rilasciato il pallone da un pezzo. Il colpo viene però portato nella zona cosiddetta “collo-testa” e la penalità è inevitabile, indipendentemente dal fatto che Joseph avesse o meno avuto il tempo di fermarsi.
Nel drive immediatamente successivo, ad inizio quarto quarto, Bridgewater va in scramble sulla sinistra e, dopo aver guadagnato 5 yard ed il primo down, scivola a terra piedi avanti, nella classica azione che permette ai QB di non essere colpiti. Bridgewater, invece, viene colpito eccome da Lamarcus Joyner, che gli rifila una gomitata alla testa che lo lascia tramortito a terra e lo obbliga a lasciare il campo. Possiamo anche credere alla buona fede del difensore e non considerare l’azione come un gioco “sporco” come l’head coach dei Vikings Mike Zimmer l’ha definito nel dopopartita, ma resta il fatto che il colpo è stato duro ed evitabilissimo, e la reazione dello staff di Minnesota è stata più che comprensibile. Se contiamo poi che chi dirige la difesa dei Rams non ha proprio un passato cristallino per quanto riguarda le “tecniche di intimidazione” insegnate e messe in pratica, il quadretto è completo.
In tutto questo bailamme, però, chi ne esce con le ossa rotte è anche la crew arbitrale, che non ha saputo mantenere un metro uniforme di giudizio per tutta la partita, chiamando un holding difensivo per una mano appoggiata e poi lasciando correre un blocco nella schiena che ribalta un giocatore in occasione del ritorno di punt che mette i Vikings in buona posizione per il field goal della vittoria. Oppure cambia idea tre volte su una interferenza, prima difensiva, poi offensiva, poi il referee si ricorda che nel mezzo c’è stato un intercetto per cui la palla deve restare ai Rams e non ai Vikings. Insomma, una confusione totale che non aiuta a tenere a bada un incontro in cui le penalità si sprecano da entrambe le parti.
La tanto anticipata sfida tra il passato (e presente) ed il futuro del rushing game se la aggiudica il buon vecchio Adrian Peterson, che termina l’incontro con 29 portate per 125 yard ed 1 touchdown contro le 24 corse per 89 yard ed un touchdown di Todd Gurley, che interrompe al striscia di partite oltre le 100 yard. Questa volta a Gurley è mancato il big play che dava sempre un contributo importante ai suoi totali di corsa, e sebbene il big play sia mancato anche a Peterson, l’ago della bilancia è stato il fatto che quando contava Peterson è riuscito a mettere insieme le yard che contavano e servivano per portare il proprio attacco in posizione ottimale per calciare il field goal della vittoria.
I Rams hanno patito più del dovuto l’assenza di tre titolari in difesa (Quinn, Long e McDonald) e di uno in attacco (Havenstein), ma hanno come sempre patito la scarsa vena del gioco aereo guidato da un Foles spesso timoroso ed inconcludente (ben due volte avrebbe avuto la possibilità di colpire nel profondo, con Britt e Quick, ma ha preferito lanciare corto o mangiarsi il pallone) per nulla aiutato da un corpo ricevitori assolutamente invisibile.
Abbastanza speculare la prestazione dei Vikings, con un attacco che dopo le fiammate iniziali che portavano Minnesota avanti 10-0, si spegneva lentamente nelle mani di Bridgewater, il quale contribuiva al calo di prestazione con una serie di passaggi fuori misura. Va detto che Bridgewater stava venendo fuori alla distanza, cosa a cui ha abituato i tifosi di Minnesota nelle scorse partite, ma il colpo gratuito di Joyner non ci ha permesso di sapere se il suo rush finale sarebbe stato positivo o meno. Sostituito da uno Shaun Hill che i Rams conoscono benissimo come un quarterback difficilmente decisivo, i Vikings hanno dovuto fare affidamento sulla difesa per cercare di contenere i danni ed evitare la rimonta dei Rams.
L’operazione riusciva con successo una prima volta grazie anche alla collaborazione di Greg Zuerlein, che mandava fuori il field goal del possibile pareggio ad un minuto e quarantadue dalla fine. Dopo un rapidissimo three and out, i Rams ottenevano una seconda chance, e stavolta Zuerlein non sbagliava mandando le squadre in overtime con un perfetto calcio da 53 yard.
Nel supplementare i Vikings sceglievano di giocare in favore di vento lasciando la palla ai Rams, e la scelta veniva premiata anche da un paio di giocate difensive straordinarie che costringevano i Rams a disfarsi del pallone in breve tempo.
Del punt return che piazzava la palla in raggio da field goal abbiamo già parlato, ma era Peterson con un paio di corse delle sue a portare il proprio attacco in posizione ancora più favorevole fino alla linea delle 22 yard, da dove Walsh calciava il field goal della vittoria.
Al netto delle polemiche, la partita ha mostrato due squadre molto simili, trainate principalmente dalla difesa e con delle grosse difficoltà a far girare il reparto offensivo. Dopo aver raggiunto la vetta della Division, per i Vikings inizia la parte più difficile: mantenerla e, possibilmente, superare i Packers.
I Rams tornano invece nel limbo del record pari. Sprecata l’occasione di aumentare la percentuale di vittorie, la squadra di Jeff Fisher deve ancora decidere cosa farà da grande, ma l’impressione è che fino a quando l’attacco sarà monodimensionalmente legato a Gurley, non si andrà molto lontano.