L’addio a St.Louis vale una vittoria

I St.Louis Rams si congedano dal loro (scarso, come sempre) pubblico con una bella vittoria che fa sorgere spontanea la domanda: dove si è nascosto questo attacco per tutta la stagione?
E’ tempo di “color rush” all’Edward Jones Dome, ed ai Tampa Bay Buccaneers tutti in rosso si contrappongono i Rams tutti in giallo. Un po’ un pugno in un occhio, ma pur senza raggiungere in bellezza la storica divisa blu royal e giallo oro, le divise tutte gialle, con le corna sulle maniche ed i numeri in stile college, superano ancora di gran lunga le pessime divise blu navy adottate dai Rams dal 2000. Anche la divisa “all red” dei Buccaneers risulta essere più digeribile di quella normale, anche se i numeri in formato led sono davvero inguardabili. Nonostante questo, comunque, sembra di vedere muoversi sul campo undici barattoli di ketchup contro undici barattoli di maionese.
Saranno le uniformi gialle, sarà la voglia di lasciare un buon ricordo ai tifosi che comunque hanno voluto presenziare a quella che potrebbe essere l’ultima partita che i Rams giocheranno in Missouri, ma l’attacco dei padroni di casa sembra totalmente diverso. Case Keenum completa passaggi corti, medi e lunghi senza il minimo sforzo, sbagliando quasi nulla e finendo il primo tempo con dei numeri che a St.Louis non si vedevano da un bel pezzo: 10 su 13 per 175 yard e 2 touchdown, che gli valgono un rating di 157.9, a quattro punti decimali dal rating perfetto.
Intorno a lui oltre al solito Tavon Austin, svettano addirittura entrambi i tight end Cook e Kendricks ed il redivivo Kenny Britt, il quale brucia con uno scatto di cui non lo credevamo più capace il cornerback avversario Adjei Barimah e va a ricevere una fly da 60 yard per il secondo touchdown dei Rams.
Il gioco di corsa stenta parecchio, con Gurley ben controllato dalla difesa avversaria, ma proprio questa eccessiva attenzione per le corse del rookie con il numero trenta lascia aperte diverse porte per il gioco aereo di Keenum, il quale ne approfitta con la maestria che ci si aspetterebbe da un quarterback titolare della NFL.
Ribaltando il campo, i Buccaneers decidono di mettere palla a terra, potendo contare su un Doug Martin che riesce sempre a disimpegnarsi abbastanza bene, tralasciando un po’ il gioco aereo, ma questa monodimensionalità dell’attacco non dà molti frutti, se non un field goal da 53 yard di Barth.
I limiti dell’attacco di Tampa Bay si evidenziano quando l’head coach Lovie Smith decide di giocarsi un quarto e uno sulle 23 offensive mandando Martin a scontrarsi con Aaron Donald, anche in questa partita semplicemente fenomenale. I Rams ne approfittano immediatamente per mettere altri sette punti sul tabellone grazie all’unico lampo di Gurley, che sfondano al centro dalle tre yard per il 21-3 che sigilla un primo tempo in cui i Rams sono parsi assoluti dominatori del campo.
Come già successo con Detroit domenica scorsa, però, i Rams danno l’impressione di trovarsi in difficoltà quando si tratta di gestire la partita e portare a casa la vittoria, e nel secondo tempo si assiste al risveglio dei Buccaneers, non prima, però, di aver visto Tavon Austin bersi la difesa avversaria in una delle sue solite end around terminata in touchdown.
Dopo aver regalato la palla ai Rams con un fumble di Martin, fortunatamente per loro senza conseguenze di punteggio successive, i Buccaneers decidono finalmente di mettere la palla per aria e testare la secondaria dei Rams, fino a quel momento nulla più che sufficiente nello stoppare le iniziative dei ricevitori avversari.
Ricacciati sulle proprie due all’inizio del quarto periodo, i Buccaneers mettono in piedi un drive fenomenale per arrivare al loro primo touchdown della serata. Winston trova Mike Evans per 20 e 30 yard, poi pesca Dye per altre 47 ed infine manda Stocker in end zone dalla linea delle 3. 4 azioni, 98 yard, sei punti e soltanto 1 minuto e 44 secondi trascorsi.
La trasformazione da due riesce, ma una penalità costringe Tampa Bay a ripeterla, stavolta da un punto.
Un Benny Cunningham in serata propizia (già il primo ritorno di kickoff era arrivato a metà campo) ritorna il kickoff fino alle tre yard offensive segnando con 102 yard il secondo ritorno più lungo della storia NFL senza segnare un touchdown. Tre corse di Gurley non hanno effetto e Zuerlein piazza tre punti facili.
Le due segnature veloci, però, sono un bel problema per i Rams, che hanno tutto l’interesse a far passare il tempo. Nel drive successivo Winston percorre di nuovo tuto il campo a suon di passaggi, ma stavolta i Buccaneers si arenano sulle 6, prendendosi altri tre punti con Barth.
L’attacco dei Rams è ora imballato. Dovendo far correre il tempo la palla resta a terra, ma le corse non vanno da nessuna parte, ed il three and out è il risultato naturale di questa improvvisa difficoltà di St.Louis.
La difesa ci mette una pezza con Trumaine Johnson, che intercetta Winston a metà campo, ma l0’attacco restituisce palla a Tampa Bay con poco meno di quattro minuti da giocare.
Winston trova un touchdown con un passaggio al tight end Seferian-Jenkins riducendo il distacco a soli otto punti, ma questa volta i Rams riescono a gestire al meglio l’onside kick successivo, sigillando così una bella vittoria arrivata forse con un po’ troppi patemi d’animo nel finale.
Con questa sconfitta i Buccaneers danno addio ad ogni remota speranza di playoff, mentre i Rams possono continuare a coltivare qualche velleità, sinceramente supportata unicamente dalla matematica.
E’ comunque un segnale positivo il fatto che dopo il licenziamento di Cignetti le cose in attacco siano migliorate decisamente, poco con Detroit, molto contro i Buccaneers. L’unica cosa che preoccupa veramente i tifosi di St.Louis è che già prima della partita si erano diffuse le voci che Jeff Fisher e Les Snead saranno comunque l’head coach ed il general manager dei Rams anche nel 2016 ed anche in caso di spostamento, e queste vittorie di fine stagione sono un qualcosa di già visto negli anni precedenti: vittorie sostanzialmente inutili se non per Fisher, che le tramuta in motivo di riconferma da una stagione all’altra.
Ovviamente speriamo di sbagliarci, ma purtroppo pensiamo proprio di no.

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