Battere i 49ers? Missione impossibile

I San Francisco 49ers si confermano la bestia nera dei Rams e di McVay in particolare, da quando alla loro guida c’è Kyle Shanahan, che con questa vittoria in overtime si porta a sei vittorie consecutive contro Los Angeles. Una vittoria che vale i playoff, per i Niners, che affronteranno i Cowboys in un revival degli anni ’90 ma, cosa più importante, una sconfitta che non dirada (anzi, la alimenta) la nebbia sui Rams, che non sembrano avere la solidità richiesta ad una squadra che ha ambizione di arrivare a giocare ancora il 13 febbraio.

Diversamente dalle ultime prestazioni, dove concedevano agli avversari il primo tempo, i Rams sono partiti fortissimo, e sembrava davvero che avessero finalmente trovato la quadra per togliersi una scimmia dalla spalla che sta diventando più imbarazzante che ingombrante. Nonostante dall’altra parte ci fosse Garoppolo, un quarterback che se giocasse solo contro i Rams tutto l’anno sarebbe sicuro candidato al premio MVP, la difesa dei padroni di casa era riuscita ad imbrigliare benissimo l’attacco dei californiani del nord. Kittle braccato da Reeder, Deebo Samuel con guinzaglio e museruola tenuti da Jalen Ramsey, una buona pressione della linea di difesa ed una marcatura aggressiva dei defensive back avevano fatto sì che i Rams si trovassero avanti 17-0 quasi alla fine del primo tempo quasi senza sforzo, grazie ad un field goal di Gay ed una doppietta di uno scatenato Tyler Higbee.

Poco prima della fine del tempo, però, qualcosa cambiava. McVay, dopo essersi giocato mirabilmente un quarto e uno dalla una yard con una splendida playaction con lancio sul TE, decideva di andare empty backfield su un terzo e uno cruciale, proprio quando le corse di Michel, sebbene meno devastanti del solito, erano comunque in grado di procurare quel poco che mancava alla chiusura del down che avrebbe permesso ai Rams di portare a termine il promo tempo con la palla in mano.

Invece la linea collassava, Stafford subiva un sack e, cosa più importante, il momentum della partita virava irrimediabilmente in favore degli ospiti.

Ospiti… beh, parliamone. Il SoFi era una marea rossa, i tifosi dei 49ers erano in netta maggioranza e per l’attacco dei Rams sembrava di stare ovunque tranne che nel proprio stadio di casa. “Whose House? Rams House!”, cercava invano di convincere lo speaker dello stadio. Da questo punto di vista a Los Angeles, con tutte le considerazioni del caso, c’è ancora molto da fare per creare una fan base solida.

Nel secondo tempo, eccoti i Rams che ti aspettavi ad inizio partita. Molli, impacciati, capaci di farsi correre in testa da un rookie scelto al sesto giro manco fosse Roger Craig. Deebo Samuel che impazzava di nuovo per tutto il campo, Garoppolo che si trasformava nel solito Joe Montana. Tutte cose già viste e riviste gli anni scorsi, a cui si aggiungeva uno Stafford che, dopo aver stabilito il record di franchigia per completi consecutivi, cercava di stabilire quello degli incompleti, mantenendo aperta la striscia di partite con almeno due intercetti.

Cooper Kupp cercava di fare il suo, e ci riusciva benissimo, ma era comprensibilmente raddoppiato, e Stafford lo cercava poco, preferendogli Beckham e Jefferson. Il gioco di corsa spariva inspiegabilmente dal playbook di McVay come spesso accade, per poi ricomparire in maniera inopinata a fine partita quando, in vantaggio di sette punti dentro i due minuti, l’head coach dei Rams si trasformava in una brutta copia della reincarnazione di Vince Lombardi e giocava alla mano un terzo e sette invece di provare a chiudere il down e portarsi la partita a casa. Il risultato era ovviamente quello di regalare palla agli avversari che, indemoniati, mettevano a segno il touchdown del pareggio e mandavano la partita in overtime.

Limitati i danni ad un field goal, i Rams si affidavano a Stafford ed ai suoi numeri (oltre 40 drive finali vincenti in carriera), ma lo Stafford di oggi è quello che al terzo down scarica una bomba underthrown su una doppia copertura pur avendo una traccia corta ed una intermedia completamente libere, ed il risultato era scontato: intercetto e fine della partita. I Rams perdono l’ennesima occasione di consolidarsi quale squadra da battere per i playoff e mandano in postseason i propri rivali, bravi a riprendere in mano una partita che sembrava persa a metà del secondo quarto.

Come spesso accade la chiave è stata tutta nelle linee. Spesso sovrastata quella d’attacco, per i Rams, che hanno subito la potentissima rush di Bosa e compagni, addomesticata e resa innocua quella di difesa, sempre per i Rams, con Donald costantemente ingabbiato da due o tre avversari ed extra protezione per contenere il resto della linea. Oltre che proteggere il proprio quarterback, la linea offensiva di San Francisco ha spesso aperto delle autostrade per i propri runningback, andando a colpire proprio là dove la difesa dei Rams lasciava dei vuoti pneumatici molto invitanti da colpire.

Non si capisce come mai Raheem Morris abbia deciso di cambiare difesa nel secondo tempo, passando nuovamente a quella soft zone che tanti danni ha procurato ai Rams durante la stagione, soprattutto togliendo Ramsey dai suoi compiti di marcatura su Samuel per farlo giocare a zone, che sarebbe come dire a Maradona di andare a fare il centrale di difesa quando gli avversari giocano senza punte.

San Francisco entra nei playoff sulle ali di un entusiasmo ritrovato grazie a questa vittoria ottenuta in rimonta, con una squadra un po’ rabberciata per vari infortuni, e rappresenterà la classica scheggia impazzita che potrà portare sorprese fin da subito, quando affronterà i Dallas Cowboys nel revival della rivalità che ha infiammato la NFC negli anni ’90.

Los Angeles, invece, passa da seed numero 2 a seed numero 4, ritrovandosi i Cardinals in casa nel monday night del prossimo weekend, partita in cui dovrà fare a meno di Jordan Fuller, uno dei migliori giocatori difensivi di quest’anno, che si è procurato una brutta distorsione alla caviglia contro San Francisco, infortunio per il quale Fuller ha finito la stagione e dovrà essere operato. Più che l’assenza di Fuller, però, a preoccupare sono i continui sbandamenti di Stafford, le continue imbarcate di una difesa che ha dimostrato di avere grosse potenzialità ma di essere usata malissimo dal proprio Defensive Coordinator e, non ultimo, il gameplanning di McVay che spazia dal genio assoluto alle chiamate che ti fanno invocare l’acronimo della squadra di Washington, solo con due lettere invertite.

Saranno dei playoff interessanti: riuscirà Stafford a vincere la sua prima partita di post season in carriera?

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