Si chiude un’era, a Los Angeles, quella del Memorial Coliseum, lo stadio dove i Rams hanno giocato dal 1946, anno del loro trasferimento sulla West Coast da Cleveland, al 1979, quando si trasferirono ad Anaheim, e dove sono tornati a giocare per tre anni quando, nel 2016, la franchigia è tornata in città da St.Louis.
L’ultima partita al Coliseum è andata decisamente meglio di quella d’esordio, finita 25-14 per i Philadelphia Eagles, ed ha visto i Rams imporsi 31-24 sugli Arizona Cardinals in un incontro abbastanza a senso unico, nonostante lo scarto finale possa far pensare ad una partita equilibrata.
Troppa la differenza in campo tra le due squadre, probabilmente anche solo a livello motivazionale. Finire con una vittoria era importante per i Rams per mantenere il record vincente, anche se, a fronte dei risultati delle ultime due giornate di Minnesota, resta davvero il rammarico di aver mancato i playoff per un soffio, viste le numerose partite gettate alle ortiche nei secondi finali o comunque perse di poco.
Per Arizona, invece, la partita non rappresentava alcuno stimolo che non fosse quello di non perdere l’ultima stagionale, dal momento che ai fini pratici vittoria o sconfitta non avrebbero cambiato alcunché. Guidati da un Kyler Murray ancora non al 100%, tanto da avere bisogno di un trattamento alla coscia tra il primo ed il secondo tempo, i Cardinals hanno giocato una partita distratta e svogliata, ed a testimonianza di ciò ci sono due fumble persi in maniera maldestra. Addirittura uno è arrivato a seguito di un improvvido snap mentre Murray stava ancora dando indicazioni al proprio attacco, con Taylor Rapp in blitz prontissimo a recuperare il pallone.
Anche i due intercetti di Rapp e Williams sono arrivati grazie a lanci mal calibrati e forzati senza una reale necessità. Il gioco di corsa ha visto protagonista un Drake inizialmente poco produttivo che poi si è dato da fare nel secondo tempo, riuscendo a piazzare qualche corsa degna di nota ma non molto di più. La difesa dei Rams ha fatto buona guardia confermando il grosso passo avanti rispetto allo scorso anno nel gioco a terra, ulteriore segno che la dipartita di Suh non ha lasciato grossi rimpianti né causato chissà quali disastri nella linea difensiva di Los Angeles.
Due fumble e due intercetti e solo sette punti di distacco, alla fine? La domanda è lecita, ma la risposta sta anche nel fatto che i Rams, pur controllando la partita senza problemi, non hanno mai dato l’impressione di affondare veramente i colpi, limitandosi a fare il compitino per portare a casa il risultato senza strafare.
Inoltre sette punti sono stati praticamente regalati da Jim Fassell, che ha avuto la bella idea di chiamare una finta di punt su un quarto e sette dalle proprie 17 yard. Nick Scott è stato fermato una yard corto dalla chiusura, e sotto gli occhi di un imbufalito McVay, Murray ha trovato Arnold liberissimo (stavolta la copertura errata è stata di Littleton) per il touchdown dell’unico vantaggio di Arizona in tutta la partita.
I Rams hanno inizialmente faticato a trovare spazi per il gioco di corsa, con Gurley ripetutamente placcato dietro la linea, m la situazione è nettamente migliorata quando McVay si è deciso a non correre più a destra, dove i rookie Evans ed Edwards non riuscivano a contenere la furia di Walker e Marsh. Quando le corse si sono spostate dal lato di Whitworth e Corbett, le cose sono andate decisamente meglio, e Gurley, ma soprattutto Malcolm Brown, hanno potuto finalmente riportare in positivo il totale delle corse, segnando anche un touchdown.
Ottima anche la prestazione di Goff, che non ha commesso turnover, ha gestito bene la pressione che il front seven di Arizona ha portato, anche se l’ottima prestazione della linea offensiva in pass protection l’ha aiutoato molto, in questo, ed ha distribuito palloni a tutto il parco ricevitori senza grossi patemi. Un paio di passaggi fuori misura, ma tutto sommato una prestazione decisamente buona.
Arizona termina un’altra stagione anonima, ma molte risposte sono arrivate dalle ultime partite. Prima fra tutte quella su Kyler Murray. Il rookie ha disputato un’ottima stagione, con gli alti e bassi comuni ai giocatori al primo anno e con i problemi fisici che l’hanno limitato nella seconda parte della stagione, ma ha dimostrato che le il front office lavorerà bene in off season mettendogli a disposizione qualche ricevitore di talento in più, i Cardinals possono puntare ad alti traguardi nel giro di un paio di stagioni al massimo. La squadra è giovane e risente molto dell’inesperienza generale, ma le basi sono buone, e si tratta solo di continuare il lavoro di rebuilding iniziato.
Per i Rams, invece, sebbene il 31-24 contro i Cardinals sia il sigillo ad una stagione con record vincente (interessante notare, tra l’altro, come McVay vanti un record immacolato di 6 vittorie e zero sconfitte contro Arizona, squadra alla quale i suoi Rams hanno segnato sempre almeno 30 punti), resta l’amaro in bocca di una esclusione da dei playoff che erano ampiamente alla portata, visti anche i risultati delle ultime giornate. I Rams di quest’anno hanno viaggiato sulle montagne russe per troppo tempo, alternando prestazioni splendide come le due partite con i Seahawks ed il ritorno con i Niners, ad autentiche disfatte come le partite con Cowboys e Ravens. Probabilmente la corsa in post season si sarebbe fermata in fretta, ma quando l’obiettivo ti sfugge per un soffio, l’umore non è mai dei migliori.
I Rams sono attesi da una delle più importanti of season degli ultimi anni: molti i contratti in scadenza, pochi i soldi a disposizione, nessuna scelta nei giri alti del draft. McVay e soprattutto Les Snead dovranno fare i salti mortali per tenere insieme la maggior parte della squadra, ma sarebbero dei pazzi ad essere arrivati a questo punto senza avere un piano preciso da seguire. Non ci resta che attendere per vedere quale sarà questo piano.